Impresa sociale di comunità/Introduzione: differenze tra le versioni

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C. Borzaga
 
Seguendo il percorso di stesura di questo manuale realizzato all’interno del progetto Equal Restore, ho avuto la possibilità di apprezzarne i contenuti ed anche il modo in cui questi venivano comunicati per essere fruiti da un pubblico vasto e articolato: dirigenti e operatori delle imprese sociali, ma anche persone che si avvicinano a questo settore attraverso percorsi di studio a livello professionale e universitario. E mentre la pubblicazione prendeva corpo mi sono reso conto che forse essa giunge un po’ tardi rispetto al grande fabbisogno di conoscenze e competenze che riguardano la gestione di questa particolare forma d’impresa. In questo senso, anche la comunità scientifica ha qualche responsabilità, perché solo di recente – e a volte controvoglia – ha accettato la sfida di confrontare i propri modelli teorici ed interpretativi non solo con le banche dati statistiche, ma anche con le concrete problematiche di gestione. Il manuale che vi presentiamo tenta di colmare questo ritardo, puntando su una modalità di divulgazione semplice e il più possibile diretta. La pubblicazione gratuita su wikibook, infatti, vuole favorire al massimo il confronto e l’interazione fra gli autori dei capitoli e coloro che vorranno utilizzarli per gestire imprese sociali che riconoscono nella comunità un fattore portante della propria missione e, a cascata, del proprio assetto organizzativo e di governo. <br/>
In generale, le conoscenze e le esperienze contenute nel manuale rimandano un’immagine dell’impresa sociale ben lontana da quei fenomeni di “colonizzazione organizzativa” da parte delle imprese for profit e della pubblica amministrazione spesso evocati da sociologi allarmati (e, spesso, poco informati). Queste imprese hanno saputo far propri, senza snaturarsi, importanti funzioni e strumenti, come ben dimostrano i capitoli sulla progettazione, il controllo di gestione, il bilancio sociale. D’altro canto si può leggere anche un percorso opposto, in gran parte ancora inesplorato, che riguarda gli elementi di vantaggio specifico delle imprese sociali e che in un’ottica di sana contaminazione di modelli e pratiche potrebbero trovare interlocutori anche nel mondo delle imprese (soprattutto delle PMI), nel terzo settore interessato ad evolvere in senso imprenditoriale (grazie anche alla nuova normativa) ed anche nella pubblica amministrazione. Mi riferisco soprattutto ad aspetti riguardanti i sistemi di governance, le reti di relazione (oggetto di più capitoli del manuale) e la gestione del capitale umano. Sono tutti ambiti nei quali le imprese sociali hanno mostrato e mostrano nella pratica quotidiana come, al di là della retorica della Corporate Social Responsability, le relazioni tra le persone e con le loro comunità di appartenenza possono davvero essere poste al centro di progetti d’impresa efficaci e sostenibili. Non è un caso che, proprio di recente, il Ministero dello Sviluppo economico abbia dichiarato di voler investire le risorse dei nuovi fondi strutturali per sostenere iniziative volte a incrementare il capitale sociale in aree dove evidentemente non mancano solo insediamenti industriali e collegamenti logistici. Starà alle imprese sociali saper cogliere queste opportunità, non solo reclamando nuove forme di regolazione e di incentivo, ma anche attraverso una gestione migliore e più qualificata.