Impresa sociale di comunità/Forme giuridiche: differenze tra le versioni

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L’elencazione è integrabile da ulteriori misure di favore per il coinvolgimento dei beneficiari nell’attività dell’ente. Si tratta, nel complesso, di regolare la gestione di una struttura organizzativa multistakeholder, operazione di fatto non semplice considerando i menzionati vincoli posti dalle discipline di sistema degli enti del Libro I del codice civile. È comunque opportuno praticare opzioni di questo tipo, concepite in una prospettiva di sussidiarietà aziendale. Sono infatti sempre più rilevanti, in ragione della progressiva maggiore complessità delle imprese di comunità e delle reti di cui esse fanno parte, le implicazioni economico-aziendali dei modelli di organizzazione sociale serventi nei confronti dei caratteri di partecipazione, mutualità, consumerismo e scambio che contraddistinguono, in via alternativa o contestuale, le relazioni tra le imprese qui in esame.}}
 
 
=== Codici di autoregolazione etica ===
Esistono molteplici ragioni per cui l’adozione di codici etici da parte di organizzazioni non profit rappresenta un’opzione autoregolativa efficiente in modo particolare in questo contesto. Qui infatti appare più plausibile che altrove che i codici assolvano alla funzione di consolidare da un lato l’''adesione'' dei membri interni all’organizzazione alla filosofia di servizio cui questa ispira la propria attività, dall’altro di produrre ''aspettative'' nei confronti dei beneficiari dei servizi sociali che contribuiscano ad alimentare la fiducia verso l’organizzazione. Questa riflessione, sviluppata dalla migliore dottrina con attenzione specifica al settore non profit, non è distante dalle conclusioni che si possono trarre guardando ad ambiti di sviluppo for profit, laddove l’analisi sia comunque rivolta ad un contesto di imprese tendenzialmente piccole e appartenenti a una rete economica e territoriale. <br/>
Abbiamo scritto che anche nell’ambito d’imprese di comunità è conveniente non trascurare il rischio di deviazione della condotta manageriale dagli scopi sociali. Come abbiamo visto i codici di autoregolazione dell’impresa servono a minimizzare questo rischio fornendo direttrici di governance. <br/>
Una funzione non dissimile è assolta – ricorrendosi a misure che incidono sui meccanismi di reputazione – dal sotto-genere dei codici di autoregolazione costituito dai codici etici, da intendersi come insieme di principi e norme idoneo a fungere da ''termine di paragone'', nell’esplicitare e annunciare regole di comportamento, per le condotte di donatori e beneficiari, e che si autoimpone grazie agli effetti di reputazione che esso stesso contribuisce a produrre. <br/>
Anche nell’ambito specifico di un’organizzazione non profit è infatti possibile adottare un codice di autoregolazione etica e con questo ottenere contestualmente i seguenti risultati:
# arginare i comportamenti opportunistici degli operatori;
# colmare i vuoti regolativi che si rintraccino nella disciplina di sistema;
# rendere l’impresa comparativamente efficiente sotto il profilo dei costi transattivi a carico dei beneficiari.
 
 
{{in_pratica|1= <br/>
Il codice etico potrà essere così suddiviso.
# È bene che un preambolo contenga la rappresentazione della visione etica (mission e valori) dell’impresa. Qui dovrà tenersi conto che per definizione la visione di un’impresa di comunità non è unica e precostituita ma suscettibile di assestamenti per via del non sempre uniforme contributo ideologico apportato, in fasi di sviluppo successive, da diversi stakeholder. Compito del codice sarà dunque esprimere i contenuti del ''nucleo valoriale'', a partire dal quale possa dispiegarsi un’area valoriale più ampia, ma anche definire i confini di quest’area che si ritenga opportuno non varcare.
# Nella prima parte del codice dovranno comparire i ''principi di riferimento prioritario'', sia di carattere generale sia relativi all’attività svolta, oltre all’elenco e la descrizione delle classi di stakeholder co-interessate.
# Nella seconda parte saranno invece collocate le ''regole pratiche di condotta'', il cui ambito di efficacia sia esteso in particolare alle relazioni più critiche, nella forma di divieti e/o di standard di comportamento (questi secondi riferibili alla realizzazione di dati obiettivi e/o al rispetto di procedure analiticamente espresse).
# In una terza e ultima parte del codice potranno essere esplicitati i rimandi all’attività di altri organi e soggetti di ''certificazione etica'', ove costituiti. Ci si riferisce ad esempio, e sopra tutti, al comitato etico che, oltre ai compiti già menzionati, potrà vedersi assegnati anche quelli di controllo sul tenore delle revisioni periodiche che al codice siano apportate, accertandosi che riflettano correttamente lo scopo sociale dell’impresa di comunità e ne guidino la missione valorizzando le propensioni di carattere distributivo. <br/>
Ci si riferisce quindi al ''comitato di audit'' esterno che sia reso competente di valutare il grado complessivo di attuazione dei codici applicati dalle imprese di una medesima comunità, o appartenenti a un’unica rete di operatori sociali; inoltre, a figure quali gli ''intermediari filantropici'', ossia i soggetti che s’interpongono nella relazione tra chi offre risorse a vantaggio di un’organizzazione non profit come donatore e l’organizzazione medesima, in taluni casi gestendo le attività di rendicontazione e di comunicazione nei confronti della comunità di riferimento.}}