Impresa sociale di comunità/Forme giuridiche: differenze tra le versioni

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La società può inoltre emettere strumenti finanziari, destinati a “soci finanziatori” (art. 2526 c.c.), dei quali lo statuto deve individuare i diritti amministrativi (comunque non più di un terzo dei voti in assemblea) e patrimoniali.<br/>
Le assemblee separate sono espressamente regolate, secondo la logica della facilitazione della partecipazione dei soci (art. 2540 c.c.); lo statuto infatti deve introdurre tale istituto se vi sono più di cinquecento soci, oppure se la cooperativa opera in più province.
 
 
=== La partecipazione all'organo amministrativo ===
In teoria gli stakeholder potrebbero essere incentivati all’ammissione nell’organo amministrativo. Nelle associazioni si ritiene tuttavia, in modo quasi consolidato, che gli amministratori debbano rivestire altresì la qualità di associati; soltanto un’opinione minoritaria reputa sufficiente, applicando per analogia il principio valido per le cooperative, che la sola maggioranza degli amministratori sia anche socia. <br/>
L’ampliamento dell’organo amministrativo, al fine di accogliere nuovi stakeholder, comporta comunque il rischio di generare complicazioni nel procedimento decisionale, pur incentivando la partecipazione e l’interessamento nelle vicende dell’organizzazione.
 
 
{{in_pratica|1= <br/>
Diverrà pertanto opportuna la previsione statutaria della formazione di un ''comitato esecutivo'', costituito in seno all’organo amministrativo, cui spetterà la vera e propria gestione operativa (il “day to day business”), ma che dovrà sempre riferire periodicamente all’organo consiliare nel suo insieme. In tali casi una funzione di raccordo fra organo complessivo ed articolazione “esecutiva” potrà essere realizzata dal Presidente, da individuarsi anche per le caratteristiche etiche e carismatiche.}}
 
 
Un disincentivo forte ad assumere la carica di amministratore, nelle associazioni non riconosciute, è comunque dato dalla responsabilità per le obbligazioni ex art. 38 del codice civile. <br/>
La capacità della minoranza, o comunque di talune categorie di soci, di poter influire nella nomina degli amministratori (o meglio di taluni di essi) potrebbe essere assicurata con l’accorgimento statutario di descrivere un procedimento deliberativo fondato sul c.d. ''voto di lista''. Si reputa inoltre possibile che il potere di nomina di taluni amministratori (comunque in minoranza) sia attribuito a soggetti esterni, ad esempio altre organizzazioni non profit, oppure enti pubblici, esponenziali di “comunità” locali (possibilità non consentita dal d. lgs. n. 155/2006, art. 8).<br/>
 
Anche nelle fondazioni è possibile attribuire il potere di nomina di taluni amministratori ai fondatori (i quali tuttavia non si possono riservare a vita la carica amministrativa), oppure a soggetti esterni (l’esempio delle fondazioni bancarie è in tal senso, ma la legislazione speciale è ricca di altre applicazioni).<br/>
 
Nelle cooperative la maggioranza degli amministratori deve essere socia (art. 2542 c.c.), o comunque dev’essere scelta fra le persone indicate dai soci che abbiano natura di soggetti collettivi. Lo statuto può comunque prevedere il potere di nomina di amministratori, sempre in misura minoritaria, in capo ad enti pubblici (art. 2542 c. 4 c.c.); inoltre si può statuire che uno o più amministratori (ma non più di un terzo per i portatori di strumenti finanziari) siano scelti fra appartenenti alle diverse categorie di soci, dovendosi tenere conto all’interesse di ciascuna categoria nell’attività sociale.<br/>
Gli amministratori nominati dagli stakeholder, in forza di poteri statutari, oppure di apposita previsione di voto di lista, possono essere resi indipendenti introducendo appositi requisiti statutari di professionalità e di indipendenza, che segnino la loro autonomia rispetto ai soci fondatori ed agli amministratori “esecutivi”, a somiglianza di quanto accade per le società quotate.<br/>
La cooperativa può inoltre adottare il modello di amministrazione ''dualistico'' (art. 2544 c. 2 c.c.), regolato per le s.p.a., nel qual caso i membri del ''consiglio di sorveglianza'' scelti dai soci cooperatori debbono essere soci (oppure designati dai soci persone giuridiche). In tal modo, si dà vita ad un organo intermedio (il consiglio di sorveglianza) fra assemblea ed organo amministrativo esecutivo (il ''consiglio di gestione''), consentendo così anche in ipotesi a taluni stakeholder di partecipare alla funzione di controllo sul rispetto dei fini dell’organizzazione, nonché alla predisposizione degli indirizzi strategici, laddove le vere e proprie scelte imprenditoriali “quotidiane” sono affidate ad un organo ristretto, nel quale gli stakeholder potrebbero non essere presenti (così da non assumere neppure le relative e potenzialmente gravi responsabilità).