Forze armate mondiali dal secondo dopoguerra al XXI secolo/Giappone: differenze tra le versioni

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L'industria della difesa giapponese risalì lentamente la china e così, su basi rifondate in termini del tutto rivisti, basati sul mercato nazionale, perché al Giappone, mai grande esportatore d'armamenti, era stato letteralmente proibito di esportare armi. Questo non è stato vero per Germania e ancora di più per l'Italia, che sono diventati esportatori d'armamenti in grande quantità. La Germania ha esportato in numerose nazioni, sopratutto NATO. L'Italia invece ha fornito grandi quantità di sistemi d'arma, anche sofisticati, anche a clienti tutt'altro che affidabili o democratici (Libia, per esempio, che da sola ha ricevuto 200 semoventi corazzati d'artiglieria da 42 t, 20 aerei da trasporto, decine di elicotteri, circa 250 aerei leggeri d'addestramento-attacco, 4 corvette e centinaia di missili). Al Giappone non è stato concesso nulla di tutto questo, e i sofisticati armamenti che sono stati adottati per le sue F.A. 'di autodifesa'sono stati forniti dagli USA, o prodotti su licenza (con tempi bliblici) o sviluppati e prodotti localmente ma con costi improponibili e quindi, nonostante le somme spese, in quantità piuttosto modeste. Tutto questo è causato anche dall'inefficienza dei programmi pluriennali che devono essere approvati con ordini per ciascun anno finanziario, per cui la quantità da produrre, in base al budget annnualmente previsto è modesta, con ritmi lenti ed economicamente inefficienti. La cantieristica non ha mai smesso di funzionare con progetti indigeni anche se largamente basati su 'filosofie' proprie dell' US Navy.
 
 
 
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Tutto questo rende probabilmente un'affare prettamente politico la produzione a ritmi lenti dei sistemi giapponesi, sostenendo l'industria bellica con commesse minuscole ma costanti negli anni, ma il risultato è quello di costruire mezzi puntualmente più costosi del previsto e di ogni altro sistema analogo nel mondo. Il Mitsubishi F.2 ha avuto vari contrattempi e il costo ha raggiunto al 1992 i 2.500 miliardi di lire per una produzione di sole 130 macchine che doveva ancora iniziare. Tutto questo per avere una sorta di clone dell'F-16, sia pure maggiormente versato nell'attacco a bassa quota, da produrre dopo 20 anni dall'entrata in servizio del modello base negli USA.
 
L'unica eccezione a questo stato di cose sono i cantieri navali, che lavorano con ritmi piuttosto sostenuti anche per le commesse militari e possono costruire navi in serie con relativa efficienza: ogni anno un paio di cacciatorpediniere, un sottomarino, e altre anvi minori. I Giapponesi hanno stabilito che gli servono circa 16 sottomarini, così si permettono una età media di 10 anni circa per la flotta, dopo di ché 'buttano via' navi che in altre parti del mondo terrebbero ben volentieri per 25-30 anni, destinandole alla riserva, come navi scuola o per le proverbiali lamelamette da rasoiobarba.