La terra per nutrire il pianeta/Parte prima
PARTE PRIMA
La nostra visita a Chiaravalle
modificaAbbiamo, innanzitutto visitato Chiaravalle, Il nostro obiettivo non era vedere i capolavori dell'abbazia, ma di vedere come nel Medio Evo la stessa ha svolto un ruolo emblematico delle bonifiche dei terreni un tempo paludosi.
Uno sguardo all'Abbazia
modificaUna visita ma sia pure affrettata ad un capolavoro del genere ci ci è parsa d'obbligo.
Per entrare nell'abbazia bisogna passare per un accesso sorvegliato da una antica torre di difesa. un tempo munita di un ponte levatoio su un fossato. La necessità di difendere il luogo dai malintenzionati era in quei secoli evidentemente molto sentita.[Con estrema abilità i monaci realizzarono su un terreno poco adatto a fondamenta di grande consistenza non solo il grande edificio della chiesa, ma addirittura un tiburio particolarmente alto. e che è visibile anche da molto lontano e che svolgeva anche aveva anche la funzione di torre campanaria]].
I cistercensi, (che derivano il loro nome da Citeaux, giunsero all'inizio del 1135 a [Milano, ospiti dei benedettini di sant'Ambrogio. Bernardo di Chiaravalle, in sostegno di papa Innocenzo II contro l'antipapa Anacleto II, ma operò soprattutto per una pacificazione di animi tra i milanesi. Il gruppo di monaci si fermò nella località paludosa di Rovegnano.
Le prime costruzioni realizzate dai religiosi furono provvisorie, e solo verso tra il 1150 e il 1160 venne iniziata la costruzione della chiesa attuale, che poi si protrasse per circa 70 anni, fino al 1221.
Il 2 maggio 1221 il vescovo di Milano Enrico da Settala consacrò la chiesa a santa Maria; nell'angolo nord-ovest del chiostro si può trovare, scritta in caratteri semigotici, la lapide posta in quella occasione che riporta:
Durante il XIII secolo i lavori proseguirono nella realizzazione del primo chiostro, situato a sud della chiesa. In seguito, nel XIV secolo, venne realizzato il tiburio e il refettorio.
La chiesa e il grande monastero furono realizzati in cotto, utilizzando l'abbondante presenza di argilla. L'interno della chiesa è a tre navate. Secondo le austere regole dell'ordine originariamente le decorazioni erano molto limitate, ma in seguito le pareti vennero decorate da affreschi. Lo stile viene considerato anticipatore del gotico, anche se gli archi sono a pieno sesto. Probabilmente non dissimile doveva essere lo stato dei luoghi prima della venuta dei cistercensi che su terreni di tal sorta costruirono l'abbazia dall'altissimo tiburio.
Originariamente il tiburio era alto un terzo di quello attuale, ma nel trecento fu completato un vero capolavoro architettonico, con un tiburio altissimo su un terreno molto instabile. Gli archi che sorreggono il tiburio furono rinforzati da archi rampanti.
I cistercensi e le bonifiche
modificaFu in genere merito dei monaci delle abbazie la bonifica dei terreni nella Pianura Padana, ma in particolare negli acquitrini di Rovegnano e in genere nella fascia a sud di Milano furono i monaci cistercensi che riuscirono a bonificare i terreni paludosi e anche a compattarli, in modo da sopportare il peso di un capolavoro artistico come il tiburio cupola della chiesa chiamata affettuosamente dai Milanesi: “ciribiriciaccola”, ma che costituì anche un capolavoro di abilità tacnica. In particolare a Milano era giunto nel 1135 San Bernardo di Chiaravalle con un piccolo gruppo di monaci. Questa venuta di monaci già abituati alla bonifica dei terreni e ai lavori agricoli, ma importò dalla Francia tecniche agricole nuove.
I Cistercensi si erano staccati dalla grande famiglia benedettina perché l'ora et labora della regola primitiva lo aveva inteso nel senso letterale del termine. I monaci partecipavano al lavoro manuale dei contadini ed organizzarono delle aziende agricole particolarmente efficienti. Era l'unica entità, con i larghi mezzi economici che riusciva a raccogliere dalle generose offerte dei fedeli, per compiere i grandi investimenti che richiedeva la bonifica dei terreni agricoli. I contadini erano troppo poveri per farlo, i nobili feudatari avevano altri interessi.
Il luogo paludoso era frequentato dalle cicogne, che divennero l'emblema dell'abazia.
Le acque in eccesso vennero incanalate nelle rogge che permettevano non solo lo scolo delle acque piovane, ma anche nei tempi di siccità l'irrigazione dei campi. Dalla Francia i cistercensi introdussero anche la tecnica delle marcite. I prati percorsi da un velo d'acqua che, provenendo dalle risorgive avevano una temperatura costante, in un terreno accuratamente preparato, permetteva di evitare le gelate ed una produzione di foraggio in largo anticipo su quelli a cui non si era applicata questa tecnica,
L'abbondanza d'acque e la fascia dei fontanili
modificaChiaravalle si presenta tuttora ricca di acque anche perché situata nella fascia dei fontanili. Le acque meteoriche dell'alta pianura, così come le falde che scendono dalle Alpi incontrano prima un terreno permeabile ghiaioso, poi uno sabbioso. Alla fine lo strato impermeabile argilloso affiora a livello di piano di campagna e conseguentemente con esso le acque affiorano nelle risorgive o fontanili. Il termine è usato, generalmente come se fossero sinonimi. L'uso del termine risorgiva è più corretto quando l'affioramento è spontaneo, mentre si parla di fontanile quando l'affioramento è di origine antropica. La sovrapposizione dei due termini deriva dal fatto che spesso i fontanili venivano scavati in aree già interessate da risorgive Una particolarità di queste acque che sono pure, è quello di mantenere in tutte le stagioni una temperatura media pressoché costante (intorno ai 15 gradi centigradi) con effetti benefici per gli usi agricoli.
Il mulino
modificaMa lo scopo della nostra visita era soprattutto quello di ripensare l'abbazia quando era il centro di una intensa attività agricola. Le attività periferiche facevano capo alle antenate delle cascine dette grance. Secondo le regole dell'ordine non potevano distare più di una giornata di cammino, per mantenere un diretto controllo della produzione agricola, mentre quelle benedettine erano su aree molto più vaste. Ma già a partie dal XIII secolo si introdusse l'uso di non curare direttamente la coltivazione, ma ad affidarlo a dei massari.
Il cuore pulsante era costituito dal mulino che doveva provvedere alla macinazione di tutti i prodotti, in particolare del grano.
L'attenzione dei monaci cistercensi per i mulini è testimoniata da Arbois de Jubainville, monaco del tredicesimo secolo che descrive accuratamente il sistema di Clairvaux. La novità consisteva in un abile sistema di canalizzazione derivando l'acqua dal fiume Aube. L'acqua in questo modo, oltre ad essere utilizzata per la coltivazione degli orti del monasterofacevano funzionare le mole per il grano, la gualchiera, la birreria e la conceria”.
L’ordine cistercense in Italia seguì l'esempio dei confratelli francesi e mulini li troviamo, oltre che a Chiaravalle Milanese, anche a Casanova, Lucedio, Morimondo, Casamari, Fossanova, Chiaravalle di Fiastra.
Il mulino era inizialmente pensato per l'autosufficienza del monastero e del territorio agricolo da esso posseduto e coltivato. Col tempo i terreni vennero ceduti in affitto e l'attività del mulino continuò (il più della volte a gestione diretta del monastero) come una vera e propria attività industriale per tutta la zona, che garantiva una notevole fonte di entrata, ma determinò spesso un contenzioso con la popolazione. La posizione monopolistica rigidamente difesa era mal vista. In parallelo, in altre località, i mulini venivano fatti costruire dai feudatari e quella di mulino fu una tipica bannalità tra le più odiate una sorta di tassa sul macinato ante litteram
Il mulino è citato per la prima volta in un testimoniale del 1238, che ne individua però solo il corpo centrale e le due ruote. Bisogna aspettare fino al 1700 per avere informazioni più precise sulla sua attività e sulla definizione dello spazio. Nel 1798 il mulino, di proprietà dei monaci cistercensi, viene venduto e subisce poi diverse trasformazioni, prima come casa del mugnaio e poi diviso addirittura in una dozzina di unità, finché viene definitivamente abbandonato intorno al 1963, con il trasferimento delle ultime famiglie
La ruota idraulica
modificaLa bonifica dei terreni e la irrigimentazione delle acque permise di realizzare canali che sfruttavano il diverso livello dei terreni per trarre da essa forza motrice, impiegata essenzialmente ad uno dei lavori più faticosi dell'antichità: la macinatura dei cereali. L'energia necessaria era ottenuta dalla caduta d'acqua.
Nell'antichità romana la grande abbondanza di schiavi permetteva il loro utilizzo per sospingere le pesanti macine. Anche se conosciuti, i mulini ad acqua non erano diffusi. Mancando la rsorsa schiavi si riscoprì la ruota idraulica come fonte di energia.
Storia della ruota idraulica
modificaLa ruota idraulica permette di trasformare direttamente l'energia disponibile in natura in energia meccanica. Le sue prime applicazioni sono antichissime, e sono state probabilmente legate alla macinazione dei cereali. È probabile che le prime ruote siano state del tipo da sotto (vedi seguito)
Vi sono essenzialmente due tipi:
- la ruota da sotto, che sfrutta essenzialmente l'energia cinetica del corso d'acqua;
- la ruota da sopra, che ne sfrutta essenzialmente l'energia potenziale.
I due tipi sono evidentemente applicabili a differenti configurazioni di corsi d'acqua, in quanto la ruota da sotto richiede un'altezza di caduta minima, e quindi è adatta ad essere immersa nel corso d'acqua; la ruota da sopra richiede una maggiore caduta, e si adatta a piccoli torrenti, o altrimenti richiede opere più complesse.
In questo tipo di ruota, questa è costituita da palette (dritte come in figura 1 nei modelli più antichi, in seguito curvate) immerse nel corso d'acqua, convogliato in un canale.
L'acqua, scorrendo, spinge le palette, rese solidali all'albero di trasmissione mediante opportuna struttura, e quindi crea il moto rotatorio.
La regolazione della potenza si ottiene variando la portata mediante chiuse poste nel canale a monte della ruota.
A Chiaravalle la differenza di livello è minima e pertanto il sistema usato è ruota da sotto. Un canale derivava l'acqua dalla Vettabbia, uno dei principali corsi d'acqua della zona che deriva il suo nome da Vectabilis che in latino vuol dire navigabile perché all'epoca era utilizzato per il trasporto merci. Il canale non è ancora stato ripristinato, ma è previsto che in tempi brevi il mulino tornerà a funzionare, sia pure per scopo didattico, nella sua antica forma.
Gli ingranaggi
modificaUn sistema di ingranaggi, sempre in legno trasferiva il moto alla pesante pietra di macina. I primi mulini avevano ruote orizzontali e non necessitavano di ingranaggi perché la pietra della mola era posta immediatamente sopra il perno della ruota idraulica.
Con il passaggio alla ruota verticale ci fu la necessità di trasferire il moto con un angolo di 90°. Si pensò, allora anche ad un effetto di moltiplica fino a 5 tra giri della ruota idraulica e giri della pietra molare
La macinazione
modificaGli elementi macinanti sono due ruote in pietra, il cui diametro esterno può variare dai 600 mm a 1200 mm; (nella foto della facciata se ne vedono, appunto, di diverse dimensioni) sono sovrapposte, quella superiore non ruota ed è dotata di un foro centrale per l'ingresso del prodotto, la ruota sottostante gira ed è provvista di scanalature per facilitare l'uscita del prodotto. La distanza fra le macine è regolabile e questo permette di scegliere la granulometria del macinato.
Per realizzare le macine occorreva una pietra particolarmente dura e resistente che veniva forata in mezzo per infilare l'asse di legno che trasmetteva il moto della ruota idraulica.
Un particolare letterario Boccaccio nella novella Calandrino e l'elitropia mette in bocca a Maso del Saggio, per compiere la burla ordita da Bruno e Buffalmacco un lungo elogio delle pietre da macina:
Gli usi non agricoli delle ruote idrauliche
modificaNei monasteri cistercensi, come Chiaravalle, la ruota idraulica era utilizzata prevalentemente per macinare il grano e solo occasionalmente per usi non collegati con l'agricoltura, in altri monasteri, come quelli degliumiliati prevalevano proprio gli altri usi perché quella delle ruote idrauliche era pressoché l'unica disponibile se non si tien conto della forza muscolare dell'uomo e degli animali.
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L'acqua quindi è agli inizi non solo dell'agricoltura, ma anche di quella che nei secoli diventerà l'industria.
Nel fossato che circondava la città medioevale scorreva l'acqua tratta originariamente dal Seveso (che poi confluisce nella Vettabia che attraversa Chiaravalle) e un salto era stato utilizzato per un mulino che serviva a molare le spade. Tuttora la via di Milano che ne segue il percorso si chiama Mulino delle Armi. L'acqua, poi, che esce tuttora da Chiaravalle, si dirige in direzione sud-est verso San Giuliano, dove molto vicina c'è l'abbazia di Viboldone. all'epoca c'era un grande monastero dell'ordine degli Umiliati che ospitava, oltre il ramo maschile e femminile dell'ordine, anche dei laici. Un altro grande monastero, verso sud-ovest era a Mirasole
Gli umiliati erano specializzati nella produzione del panno lana in cui l'operazione fondamentale era la follatura che realizzavano con macchine dette gualchiere dove l'energia idraulica veniva utilizzata per fare alzare ed abbassare dei pesi che pestavano il panno dando, tramite infeltrimento, più consistenza al panno. Si trattava dei primi casi in cui una produzione assumeva i caratteri che avrà poi l'industria come l'uso delle macchine, per quello che viene chiamata la la concentrazione dell'attività produttiva Solo in epoca successiva si parlerà di protoindustria, così come, sia pure nelle mani di un ordine pauperistico, si formarono quelle accumulazioni di capitale che saranno tipici del capitalismo.
Gli umiliati giunsero in breve tempo ad accumulare grandi ricchezze. Il monastero degli Umiliati di Monza per un prestito fatto, riuscì ad avere in pegno la corona ferrea. Con la controriforma San Carlo Borromeo giunse alla soppressione dell'ordine.
Mappe della zona
modificaNella nostra ricerca abbiamo rintracciato anche le vecchie mappe della zona. La più antica ha nome Libro dei prati e risale al 1578.
Un ancora giovane sacerdote, dottore della Biblioteca Ambrosiana, nel 1895 studiò a fondo questa raccolta con l'elencazione delle proprietà dell'abbazia. Si chiamava Achille Ratti che pubblicò un volume dal titolo Miscellanea chiaravallese e Libro dei prati. I suoi sforzi di studioso furono coronati dalla nomina nel 1914 a prefetto della Biblioteca Ambrosiana Dopo pochi anni nel 1922 divenne papa con il nome di Pio XI.
La provincia di Milano nel 2001 ha provveduto a pubblicare la fotoriproduzione del Libro dei prati, il cui originale è conservato presso l'Archivio di Stato di via Senato. Vi si vedono i terreni intorno a Chiaravalle, quasi tutti di proprietà dell'abbazia e che garantivano il reddito per le esigenze del monastero.
Dalla mappa si vede anche la particolare cura per i canali.
Abbiamo poi ritrovato una mappa catastale del 1721 che si riferisce a quello che è passato alla storia come catasto teresiano : I nuovi dominatori austriaci introdussero grandi novità nel sistema di percepire le imposte. La base fondamentale fu la individuazione di tutti i proprietari dei terreni e la fissazione de reddito su cui dovevano essere applicate le imposte. Il provvedimento fu ritenuto un passo avanti nell'equità fiscale.
Questa carta è addirittura del periodo in cui il catasto era ancora in corso di redazione. Era imperatore Carlo VI, il padre di Maria Teresa che salirà al trono dei territori ereditari di casa Asburgo solo nel 1740, mentre, in quanto donna, non poteva aspirare al titolo di Imperatrice: fu trovato l'espediente di nominare imperatore il marito: Francesco di Lorena.
Le operazioni preliminari del catasto erano iniziati nel 1718 e entrerà a pieno regime solo nel 1760.
Ma la vita del monastero non fu tranquilla: venuti i francesi nel 1798 espropriarono l'abbazia e tutti i beni che le appartenevano. I monaci e le ricchezze furono dispersi. La chiesa divenne parrocchia, retta dai preti diocesani, i terreni messi all'asta. Gran parte dei beni furono acquistati dal conte Belgioioso, che demolirono molti edifici.
Anche co la restaurazione e il ritorno degli austriaci le cose non cambiarono.
Abbiamo trovato una terza mappa è la Carta topografica (che è del 1833) del della zona a sud di Milano, ai tempi del Regno Lombardo Veneto. Chiaravalle è staccata dalla città da una larga zona agricola. Risulta evidente che nella stessa città, tra la Cerchia dei navigli e le mura spagnole abbondavano i campi.
Una ulteriore occasione di demolizioni fu la costruzione della ferrovia tra Rogoredo e Pavia. La massicciata ferroviaria passò molto vicino al tiburio e in quella occasione fu distruttoil Chiostro grande.