L’opera, completa del suo basamento originale in legno, è stata acquistata dalla Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde nel 1959, insieme con ..Et Angelus Domini custodiebat domum di Giannino Castiglioni. Entrambe le sculture provengono dalla Biennale d’Arte Sacra, allestita a Milano presso il centro culturale francescano Angelicum. L’ente nasce nel 1939 attorno alla chiesa di Sant’Angelo a Milano e raccoglie alcuni tra i maggiori intellettuali e artisti dell’epoca per promuovere un ampio dibattito culturale a sfondo religioso, diventando nell’immediato dopoguerra un importante punto di riferimento cittadino.

Tra le attività dell’Angelicum, la Biennale d’Arte Sacra per la Casa, occupa un posto di rilievo dal 1953 al 1963. Questa importante rassegna espositiva si propone di offrire al pubblico un ampio panorama dell’arte sacra italiana contemporanea destinata all’ambiente domestico, raccogliendo opere di diversi orientamenti artistici e di insigni autori, tra i quali: Umberto Lilloni, Trento Longaretti, Fiorenzo Tomea, Aldo Carpi, Carlo Carrà. La Cassa di Risparmio sostenne l’attività dell’Angelicum effettuando acquisti con continuità fin dalla prima edizione della Biennale, nel 1953, quando entra in Collezione il bassorilievo di Francesco Messina, Fractio Panis.

La scultura è una parziale replica della figura dell’apostolo Tommaso del gruppo scultoreo in argento raffigurante l’Ultima Cena, eseguito dall’artista nel 1930 per la cattedrale di Oslo. L’opera a tutto tondo, con figure grandi due terzi al vero, è commissionata dal collezionista milanese Francesco Pasquinelli.

La versione in Collezione, di dimensioni inferiori rispetto al modello, è una fusione di grande pregio che conserva la sua patina originale. La peculiare sensibilità dell’artista verso gli aspetti materici della riproduzione tecnica delle proprie opere è attestata in molti brani della sua autobiografia, edita a Milano nel 1953, dove descrive dettagliatamente il procedimento della fusione a cera persa.

Con vivido realismo l’artista restituisce l’immagine dell’apostolo scarno, la testa insaccata tra le spalle e i gomiti ben piantati sul tavolo, con gli occhi lievemente socchiusi in un’espressione incerta e incredula, mentre solleva lievemente la testa. Senza rinunciare all’indagine realistica dell’espressione del volto, Minerbi attribuisce un significato simbolico ai personaggi dell’Ultima Cena, allusivo alla loro natura spirituale: in particolare, Tommaso, l’apostolo che dubitò della Resurrezione di Gesù, è trasfigurato nella “viva immagine dell’incredulità e del dubbio che scarnisce il corpo e logora lo spirito”. E’ lo scultore stesso, nella sua autobiografia, ad offrire questa chiave di lettura della sua ricerca artistica, condotta con continuità e coerenza in un serrato studio dal vero in funzione di un messaggio simbolico di portata universale.