Biochimica/Metabolismo dei carboidrati
Glicolisi
modificaLa glicolisi è l'ossidazione del glucosio a piruvato. Avviene nel citosol ed è l'unica via in grado di produrre ATP senza consumare di ossigeno. La sua resa energetica è il 5% rispetto alla fosforilazione ossidativa ma è più rapida.
La "logica" chimica della glicolisi come via di produzione di energia è spiegabile così:
- viene fosforilato il glucosio;
- gli intermedi fosforilati vengono trasformati in composti con legame fosfoestereo ad alta energia;
- idrolizzare i legami fosfoesterei e sfruttare l'energia così rilasciata per produrre l'ATP, la cui sintesi è una reazione endoergonica.
La glicolisi è fatta di 10 tappe suddivise in tre stadi:
- 1° stadio, preparatorio, consuma 2 ATP per fosforilare il substrato. È lo stadio endoergonico;
- 2° stadio, in cui il substrato viene scisso in due molecole di gliceraldeide 3-fosfato;
- 3° stadio, si producono 4 molecole di ATP per ogni molecola di glucosio; complessivamente quindi la glicolisi produce 2 ATP per ogni molecola di glucosio. Il 3° stadio produce pure 2 NADH che vengono impiegati per produrre ulteriore ATP nella respirazione cellulare. È lo stadio esoergonico.
L'agente ossidante primario della glicolisi e il NAD+. Il NADH prodotto dall'ossidazione dell'intermedio della glicolisi gliceraldeide 3-fosfato deve essere continuamente riossidato in modo da mantenere la via glicolitica rifornita di questo coenzima. Esistono due modi per far ciò in condizioni anaerobiche. (In condizioni aerobiche il NADH viene ossidato nei mitocondri a NAD+ producendo 2,5 molecole di ATP).
Conversione in etanolo
modificaAvviene nel lievito e in altri microrganismi. Il piruvato viene decarbossilato della piruvato decarbossilasi usando come fattori la tiamina pirofosfato (TPP) e il magnesio. Si produce CO2. L'acetaldeide così formata viene ridotta ad etanolo dall'alcol deidrogenasi coadiuvato dal NADH che così si ossida NAD+.
Fermentazione lattica
modificaAvviene nel muscolo durante intensa attività fisica (che sta a significare alta richiesta di ATP in breve tempo) o quando l'ossigeno scarseggia. Il lattato così formato viene trasportato nel fegato tramite il circolo sanguigno. Nel fegato il lattato viene convertito a glucosio consumando energia nella via della gluconeogenesi per poi essere riportato nel muscolo. Questo processo che si realizza tra muscolo e fegato vien chiamato ciclo di Cori.
1° stadio
modifica- 1. fosforilazione del glucosio
ATP + D-glucosio ADP + glucosio 6-fosfato
L'enzima che catalizza questa reazione è l'esochinasi.
L'ATP è complessata collo ione Mg+, il quale ha il compito di schermare le cariche negative in modo da consentire l'attacco nucleofilo. Il glucosio fosforilato può essere indirizzato, oltre che nella glicolisi, nella glicogenosintesi o nella via dei pentoso fosfati, a seconda delle necessità della cellula.
- 2. isomerizzazione del G6P a F5P
D-glucosio 6-fosfato D-fruttosio 6-fosfato
Enzima: fosfoglucoisomerasi, anche detta glucosio 6-fosfato isomerasi.
- 3. fosforilazione del F6P a F1,6BP
ATP + D-fruttosio 6-fosfato ADP + D-fruttosio 1,6-bifosfato
Enzima: fosfofruttochinasi-1 (PFK-1)
È la reazione limitante della via e il punto di controllo più importante della via. È una reazione irreversibile quindi determina l'irreversibile e definitivo ingresso del glucosio nella glicolisi. La PFK-1 è inibita allostericamente da alti livelli di ATP e citrato che indicano alti livelli di energia nella cellula, mentre viene attivata da alti livelli di AMP.
Il più potente attivatore di PFK-1 è il fruttosio 2,6-bisfosfato (F2,6BP), formato per fosforilazione del fruttosio 6-fosfato dall'enzima PFK-2, un enzima bifunzionale, con un'attività chinasi che produce il fruttosio 2,6-bisfosfato a partire dal fruttosio 6-fosfato e con un'attività fosfatasi che defosforila il friuttosio 2,6-bisfosfato in fruttosio 6-fosfato. Nell'isozima epatico della PFK-2 la fosforilazione dell'enzima attiva il dominio fosfatasi e inattiva il dominio chinasi. Il fruttosio 2,6-bisfosfato è inoltre inibitore della fruttosio 1,6-bifosfatasi, un enzima della gluconeogenesi. Colla doppia azione di attivare la glicolisi e di inattivare la gluconeogenesi, il fruttosio 2,6-bisfosfato fa sì che le due vie non siano pienamente attive allo stesso tempo; ciò impedisce il ciclo futile del catabolismo del glucosio a piruvato e della sintesi di glucosio a partire dal piruvato, che costituisce uno spreco energetico.
L'azione di PFK-2 e quindi la concentrazione del del F2,6BP è regolata dagli ormoni insulina e glucagone
- nei momenti post-prandiali il rapporto di concentrazione [insulina]/[glucagone] aumenta e l'insulina attiva una fosfatasi che defosforila PFK-2 attivando il dominio chinasi. [fruttosio 2,6-bisfosfato] aumenta stimolando la glicolisi e inibendo la gluconeogenesi.
- nel digiuno il glucagone attiva una PKA che fosforila PFK-2 attivandone il dominio fosfatasi; la concentrazione di fruttosio 2,6-bisfosfato diminuisce e dunque la glicolisi è inibita e la gluconeogenesi viene attivata.
2° stadio
modifica- 4. degradazione del fruttosio 1,6-bifosfato
D-fruttosio 1,6-bifosfato diidrossiacetone fosfato (DHAP) + gliceraldeide 3-fosfato (GA3P)
Enzima: aldolasi
- 5. isomerizzazione del DHAP a GA3P
diidrossiacetone fosfato gliceraldeide 3-fosfato
Enzima: trioso fosfato isomerasi
All'equilibrio il 96% del trioso 6-fosfato è costituito dal diidrossiacetone fosfato; il consumo del GAP nella reazione seguente sposta l'equilibrio della reazione verso destra.
La glicolisi fino a questo punto ha degradato il glucosio in due molecole a 3 atomi di carbonio fosforilate pronte a essere convertite in composti ad alta energia la cui idrolisi del gruppo fosfato libera l'energia usata per produrre 2 ATP per GA3P. Questo processo è raddoppiato dal fatto che si parte da due GA3P e quindi si ha nello stadio finale la produzione di 4 ATP per molecola di glucosio.
3° stadio
modifica- 6. ossidazione e fosforilazione del GAP
GA3P + Pi + NAD+ 1,3-bifosfoglicerato + NADH + H+
Enzima: GA3P deidrogenasi
Nel corso della sesta reazione avvengono due eventi molecolari importanti:
- formazione del composto ad alta energia 1,3-bifosfoglicerato che verrà impiegato nella reazione successiva per sintetizzare ATP;
- formazione di NADH + H+ che nella fosforilazione ossidativa consentirà di produrre 2,5 molecole di ATP.
- 7. 1^ fosforilazione a livello del substrato
1,3-bifosfoglicerato + ADP 3-fosfoglicerato + ATP
Enzima: fosfoglicerato chinasi (Mg2+)
L'energia chimica fornita dall'idrolisi dal legame fosfoanidridico dell'1,3-BPG è sfruttata per produrre ATP, la cui sintesi è una reazione endoergonica e che quindi necessita di essere coadiuvata da una reazione esoergonica per poter procedere.
- 8. isomerizzazione del 3-fosfoglicerato
3-fosfoglicerato 2-fosfoglicerato
Enzima: fosfoglicerato mutasi (Mg2+)
- 9. 2^ formazione di un composto ad alta energia di idrolisi
2-fosfoglicerato fosfoenolpiruvato + H2O
L'enzima enolasi trasforma il 2-fosfoglicerato, un composto a bassa energia, in un composto ad alto contenuto energetico (l'enolo).
- 10. 2^ fosforilazione a livello del substrato
fosfoenolpiruvato + ADP + H+ piruvato + ATP
Questa reazione catalizzata dalla piruvato chinasi porta alla seconda fosforilazione a livello del substrato: il Pi del PEP viene trasferito dall'ADP per formare ATP. Il prodotto della reazione è il piruvato nella forma enolica (enolpiruvato), che si tautomerizza spontaneamente nella forma chetonica rilasciando sufficiente energia per portare alla sintesi endoergonica ATP.
La piruvato chinasi è sottoposta alle seguenti regolazioni:
- è allostericamente attivata da AMT e ADP e inibita da ATP, citrato, acetil-CoA, acidi grassi e alanina che indicano alti livelli energetici nella cellula;
- è sottoposta anche a una attivazione allosterica a feedforward dal fruttosio 1,6-bifosfato prodotto dalla PFK-1
- nel fegato la fosforilazione della piruvato chinasi inattiva l'enzima. Durante il digiuno gli alti livelli di glucagone aumentano le concentrazioni intracellulari di cAMP, portando all'attivazione di PKA che fosforilano la piruvato chinasi, inattivandola, inibendo in tal modo la via glicolitica. L'insulina invece, la cui concentrazione nel sangue aumenta subito dopo un impasto, diminuisce livelli di cAMP inattivando le PKA, e attiva una fosfodiesterasi che defosforila la piruvato chinasi, attivandola. In questo modo si attiva la glicolisi.
Gluconeogenesi
modificaLa gluconeogenesi è la via anabolica che biosintetizza glucosio a partire da precursori non saccaridici (amminoacidi, lattato, piruvato, proprionato e glicerolo). Il cervello, i tessuti embrionali, gli spermatozoi, la midollare del surrene e gli eritrociti sono praticamente dipendenti dal glucosio come fonte energetica; occorre notare inoltre che le scorte di glucosio sotto forma di glicogeno si esauriscono a digiuno in meno di 24 ore. La gluconeogenesi avviene nel citosol degli epatociti.
La gluconeogenesi è composta dalle reazioni della glicolisi percorse in senso inverso, eccetto per tre tappe che, in quanto irreversibili, sono sfavorevoli dal punto di vista termodinamico:
- glucosio glucosio 6-fosfato
- fruttosio 6-fosfato fruttosio 1,6-bifosfato
- fosfoenolpiruvato piruvato
Sintesi del fosfoenolpiruvato
modificaNella prima "deviazione" il piruvato viene trasformato in ossalacetato che a sua volta viene convertito in fosfoenolpiruvato (PEP). La produzione di ossalacetato avviene nei mitocondri. Il piruvato viene trasportato dal citosol ai mitocondri o in alternativa viene sintetizzato direttamente nei mitocondri dall'alanina per transaminazione. La sintesi del PEP avviene a opera dell'enzima piruvato carbossilasi, che catalizza la reazione di carbossilazione:
piruvato + HCO-3 + ATP ossalacetato + ADP + Pi
La piruvato carbossilasi sfrutta come coenzima la biotina.
La piruvato carbossilasi è attiva ad alti livelli di acetil-Coa, un suo potente effettore allosterico positivo. La reazione di carbossilazione del piruvato ad ossalacetato è una reazione anaplerotica del ciclo di Krebs, ma ad alte concentrazioni di ATP e NADH, che indicano una domanda di substrato per la fosforilazione ossidativa soddisfatta, il ciclo degli acidi tricarbossilici viene inibito e l'ossalacetato viene quindi indirizzato alla sintesi di PEP nella gluconeogenesi. Inoltre alte concentrazioni di acetil-Coa inibiscono il complesso della piruvato deidrogenasi, prevenendo il catabolismo ossidativo del piruvato.
L'ossalacetato così prodotto non viene trasformato direttamente a PEP ma viene prima ridotto a malato dalla malato deidrogenasi mitocondriale col contributo di NADH + H+ il quale viene ossidato a NAD++. Il malato viene dunque trasportato nel citosol dove viene riossidato a ossalacetato dalla malato deidrogenasi citosolica con conversione di NAD+ in NADH + H+. A questo punto l'ossalacetato può essere trasformato in PEP. Questo processo di riduzione e successiva ossidazione dell'ossalacetato avviene sia perché nella membrana mitocondriale interna non esistono trasportatori dell'ossalacetato, ma soprattutto per sopperire alla scarsità di NADH + H+ nel citosol necessario nella gluconeogenesi per ridurre il 3-fosfoglicerato in gliceraldeide 3-fosfato. Se invece il precursore del piruvato è il lattato questo viene ossidato nel citosol a piruvato con produzione di NADH + H+. Il piruvato viene dunque trasportato nel mitocondrio, quivi convertito a ossalacetato, che a sua volta viene trasformato nella matrice a fosfoenolpiruvato, il quale è poi trasportato nel citosol.
L'enzima PEP carbossichinasi (PEPCK) catalizza la sintesi di PEP dall'ossalacetato:
ossalacetato + GTP PEP + CO2 + GDP
La reazione complessiva di questa prima deviazione dalla glicolisi è:
piruvato + ATP + GTP + HCO-3 PEP + CO2 + ADP + GDP + Pi
Defosforilazione del fruttosio 1,6-bisfosfato a fruttosio 6-fosfato
modificaL'enzima fruttosio 1,6-bifosfatasi (FBPasi-1, per distinguerlo dalla FBPasi-2, cfr. glicolisi) catalizza l'idrolisi esoergonica e irreversibile del gruppo fosfato in posizione 1 del F1,6BP (non il suo attacco a una molecola di ADP), producendo il fruttosio 6-fosfato. La FBPasi-1 è Mg2+-dipendente. Contrariamente alla PFK-1, la FBPasi-1 è inibita dall'AMP, che indica bassi livelli energetici nella cellula (la gluconeogenesi è una via che richiede energia) e attivata dall'ATP. Il fruttosio 2,6-bifosfato inibisce la FBPasi-1.
Defosforilazione del glucosio 6-fosfato a glucosio
modificaLa glucosio 6-fosfatasi, Mg2+-dipendente, si trova nel reticolo endoplasmatico di epatociti e cellule renali e ha il compito di defosforilare il glucosio 6-fosfato in glucosio. Sono implicati tre trasportatori, uno permette l'ingresso del G6P nel RE, gli altri due consentono il trasporto nel citosol del glucosio e del gruppo fosfato.
La reazione netta della gluconeogenesi è:
2 piruvato + 4 ATP + 3 GTP + 2 NADH + 2 H+ + 6 H2O glucosio + 4 ADP + 2 GDP + 2 NAD+ + 6 Pi
Controllo della gluconeogenesi
modificaIl glucagone, colla sua azione iperglicemizzante, stimola la gluconeogenesi, mentre l'insulina, grazie alla sua azione ipoglicemizzante, la inibisce. Il glucagone favorisce la gluconeogenesi non solo diminuendo la concentrazione cellulare del fruttosio 2-6-bifosfato ma anche inducendo la sintesi del PEPCK.
Precursori della gluconeogenesi
modificaPrecursori della gluconeogenesi sono tutti gli aminoacidi tranne due (lisina e leucina) che perciò son detti glucogenici. Infatti gli aminoacidi possono essere trasformati in intermedi del ciclo di Krebs, nel quale vengono ossidati a ossalacetato. Anche il propionato è un potnziale precursore della gluconeogenesi. Infatti il propionato è convertibile, dopo una serie di reazioni, in succinil-CoA, intermedio del ciclo di Krebs.
Il glicerolo è un altro precursore della gluconeogensi, ottenuto dal metabolismo dei lipidi. Il glicerolo viene fosforilato nel citosol a glicerolo 3-P; questo nella matrice viene ossidato dal glicerolo 3-P deidrogenasi FAD-dipendente a diidrossiacetone fosfato (DHAP), con contemporanea cessione degli elettroni del FADH2 al coenzima Q. Il DHAP è un intermedio della gluconeogenesi oltre a essere precursore del lattato nella glicolisi.
Via dei pentoso fosfati
modificaLa via dei pentoso fosfati è una via catabolica del glucosio e avviene nel citosol. Non ha funzione energetica e ha il compito di produrre ribosio 5-fosfato (R5P) e NADPH. Il prodotto utile della via è diverso a seconda delle necessità cellulari:
- nelle cellule ad alto numero di mitosi, come quelle della pelle, della mucosa intestinale e del midollo osseo, il prodotto utile di questa via è il R5P, necessario per la sintesi di nucleotidi liberi, acidi nucleici, coenzimi (NADH, FADH);
- in altri tessuti, il prodotto utile di questa via è il NADPH, necessario per la biosintesi riduttiva e importante nel controllo dello stress ossidativo. Nei tessuti dove è molto attiva la liposintesi (fegato, tessuto adiposo, mammella attiva) c'è necessità del NADPH prodotto da questo pathway (il NADPH è l'agente riducente delle vie anaboliche). Gli eritrociti, che sono esposti all'ossigeno, impiegano il NADPH generato da questa via per mantenere nella cellula un ambiente riducente e contrastare così l'azione dei ROS.
La via dei pentoso fosfati è suddivisa in due fasi:
- I fase, ossidativa e irreversibile, genera NADPH e ribosio
- II fase, non ossidativa e reversibile (quindi percorribile in ambo i sensi): il ribosio, non utilizzato nella sintesi dei nucleotidi, viene convertito in fruttosio 6-fosfato (F6P) e gliceraldeide 3-fosfato (GAP).
A seconda delle necessità metaboliche della cellula, le vie glicolitica, neoglucogenica e dei pentoso fosfati vengono percorse in diversi modi:
- servono NADPH e ribosio: I fase ossidativa;
- serve NADPH: I fase ossidativa e II fase non ossidativa più gluconeogenesi, per rifornire la via;
- servono NADPH e ATP: I, II fase e glicolisi;
- serve ribosio: II fase inversa, dagli intermedi glicolitici.
I fase ossidativa
modifica- 1^ reazione
Il glucosio 6-fosfato viene ossidato a 6-fosfogluconolattone dall'enzima glucosio 6-fosfato deidrogenasi con conversione di una molecola di NADP+ in NADPH + H+ (prima sintesi di NADPH della via). È la tappa limitante della via; l'enzima è inibito da un alto rapporto [NADPH/NADP] e da un'alta concentrazione di acidi grassi liberi, mentre è stimolato dal glutatione ossidato e dall'anossia.
- 2^ reazione
Il 6-fosfogluconolattone viene idrolizzato all'acido aperto 6-fosfogluconato dalla 6-fosfogluconolattonasi .
- 3^ reazione
Il 6-fosfogluconato subisce una decarbossilazione ossidativa ad opera della 6-fosfogluconato deidrogenasi convertendosi a ribulosio 5-fosfato e rilascio di CO2. In questa seconda reazione di ossidazione si ha la riduzione del secondo NADP a NADPH + H+.
Reazione complessiva della I fase: glucosio 6-P + 2NADP+ + H2O --> ribulosio 5-P + 2NADPH + H+ + CO2
II fase non ossidativa
modificaAl termine della I fase ossidativa, il ribulosio 5-fosfato viene:
- in parte isomerizzato in ribosio 5-fosfato dalla fosfopentoso isomerasi; il ribosio 5-P così prodotto viene destinato a rifornire la II fase e in minor parte alla sintesi dei nucleotidi;
- in parte isomerizzato a xilulosio 5-fosfato ad opera della fosfopentoso 3-epimerasi.
Nella II fase 6 zuccheri pentosi vengono convertiti in 5 zuccheri esosi.
Gli enzimi che catalizzano le reazioni di questa fase sono la transchetolasi e la transaldolasi. La transchetolasi trasferisce 2 atomi di C, la transaldolasi 3 atomi di C. Nelle reazioni il donatore di atomi di carbonio è sempre un chetoso, l'accettore sempre un aldoso. La transchetolasi usa come coenzima la TPP.
- 1^ transchetolazione
xilulosio 5-fosfato + ribosio 5-fosfato gliceraldeide 3-fosfato + sedoeptulosio 7-fosfato
La transchetolasi trasferisce 2 atomi di C dallo xilulosio 5-P al ribosio 5-P: C5 + C5 C3 + C7
- transaldolazione
sedoeptulosio 7-fosfato + glieraldide 3-P eritrosio 4-fosfato + fruttosio 6-fosfato
La transaldolasi trasferisce 3 atomi di C dal sedoeptulosio 7-P alla gliceraldeide 3-P: C7 + C3 C4 + C6
- 2^ transchetolazione
xilulosio 5-fosfato + eritrosio 4-fosfato gliceraldeide 3-fosfato + fruttosio 6-fosfato
La transchetolasi trasferisce 2 atomi di C dallo xilulosio 5-P all'eritrosio 4-P: C5 + C4 C3 + C6
Metabolismo del glicogeno
modificaIl glicogeno è un polisaccaride di unità di D-glucosio unite da legami glicosidici α1-4 e ramificate con legami α1-6. Ha la funzione di riserva di glucosio.
- Nel muscolo il glicogeno è usato come fonte di glucosio necessaria per rifornire la glicolisi specialmente aerobia, e può venir impiegata solo dalla cellula in cui essa si trova;
- nel fegato invece, il glicogeno è una fonte di riserva di unità di glucosio che posono essere immesse nel circolo sanguigno per controllare la glicemia, specialmente durante il digiuno.
Il glicogeno è presente anche nel cuore e nei reni.
Il glicogeno ha una struttura molto compatta, dovuta all'avvolgimento a spirale delle catene polisaccaridiche. Una molecola di glicogeno contiene 12 strati di glucosio con al centro la proteina con al centro la proteina glicogenina. I granuli contengono anche gli enzimi necessari per la sintesi e la degradazione delle catene di glicogeno. La superficie del granulo contiene le estremità non riducenti.
Il glucosio viene immagazzinato sotto forma di grandi molecole polimeriche e non come monomeri liberi per evitare un'eccessiva pressione osmotica, la quale dipende infatti solo dal numero di molecole, non dalle loro dimensioni.
Glicogenolisi
modificaLa glicogenolisi avviene nel corso di 3 reazioni:
- accorciamento della catena: l'enzima glicogeno fosforilasi, PLP-dipendente (l'enzima regolatore della via) accorcia una catena di glicogeno nella sua estremità non riducente fino a lasciare 4 unità glucidiche dal punto di ramificazione. La rottura dei legami fornisce sufficiente energia per fosforilare le molecole di glucosio così prodotto in glucosio 1-fosfato, senza l'idrolisi di ATP;
- isomerizzazione di G1P a G6P: la fosfoglucomutasi isomerizza il glucosio 1-fosfato a glucosio 6-fosfato;
- deramificazione: l'enzima deramificante presenta due siti catalitici con attività differenti. L'α1-4 glicosiltransferasi trasferisce un trisaccaride dei 4 lasciati dalla glicogeno fosforilasi a un'estremità non riducente della molecola di glicogeno. L'unità di glucosio rimanente viene rimossa dall'altro sito catalitico, l'α1-6 glicosidasi, generando una molecola di glucosio non fosforilata. La catena così allungata può essere soggetta a ulteriore degradazione da parte della glicogeno fosforilasi, finché non si raggiunge il tetrasaccaride, ricomincia il ciclo di depolimerizzazione.
Mentre nel muscolo il glucosio 6-fosfato viene catabolizzato nella glicolisi all'interno della cellula, nel fegato, il glucosio 6-fosfato prodotto dalla degradazione del glicogeno viene defosforilato dalla glucosio 6-fosfatasi (cfr. gluconeogenesi) nel reticolo endoplasmatico a glucosio, libero quindi di essere immesso in circolo.
Il glucosio 1-fosfato costituisce il 90% del glucosio prodotto dalla glicogenolisi; il restante 10% è il glucosio non fosforilato generato dall'enzima deramificante che, nel muscolo, viene rapidamente fosforilato a glucosio 6-fosfato dall'esochinasi.
Glicogenosintesi
modificaLa glicogenosintesi o glicogenesi avviene nelle seguenti fasi:
- isomerizzazione del G6P a G1P: a opera dell'enzima fosfoglucomutasi;
- formazione del glucosio-UDP: l'enzima glucosio 1-P uridil transferasi catalizza la reazione seguente
- G1P + UTP UDP-G + PPi
- Questa reazione è endoergonica, ma viene fatta proseguire verso i prodotti grazie all'energia rilasciata dalla scissione del pirofosfato operata dalla pirofosfatasi;
- allungamento della catena: l'UDP-G viene usato come fonte di monomeri di glucosio dall'enzima glicogeno sintasi che allunga la catena di glicogeno formando nuovi legami α-1,4 nell'estremità non riducente. L'UDP viene rifosforilato a UTP dalla nucleoside difosfato chinasi, a spese di una molecola di ATP. Una molecola di glicogeno non viene prodotta ex novo dalla glicogeno sintasi, ma dalla proteina glicogenina, che catalizza l'attacco di un primer di glucosio al proprio residuo Tyr 194. La glicogenina aggiunge ulteriori residui di glucosio (circa 9) al primer. La glicogeno sintasi può quindi procedere all'allungamento dell'oligomero. La glicogenina permane, costituendo il core proteico del granulo di glicogeno;
- ramificazione: l'enzima ramificante o amilo-(1,4 1,6)-transglicosilasi rimuove dall'estremità non riducente una catena di 6-7 residui glucosidici per poi trasferirla a un residuo interno della catena formando un legame α-1,6. Le due estremità non riducenti che si sono appena formate possono essere allungate e ulteriormente ramificate.