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Abbattendo bombardieri modifica

Distruggere un apparecchio da combattimento, che si muove celermente nel cielo, in tre dimensioni, non è mai stato realmente banale, ma per arrivare a comprendere la relativa facilità o meno dell'impresa, che varia molto (dalle scarse perdite subite dai B-29 sul Giappone al 'tiro al tacchino' delle Marianne e di certe azioni delle campagne di Francia e URSS da parte dei tedeschi), parliamo di uno scenario reale con velivoli realmente esistiti e provati in combattimento.

La missione tipica più che qualunque altra, tra quelle strategiche Alleate, è stata certo la serie di attacchi su Schweinfurt, ovvero colpire con un'azione in profondità nel territorio nemico, in pieno giorno, l'industria dei cuscinetti a sfere (componente fondamentale della meccanica) tedesca, che venne eseguita con masse di B-17 e risultati, nondimeno, piuttosto dubbi e pagati a carissimo prezzo. In ogni caso, mai come sulla Germania, nelle missioni diurne, caccia e bombardieri si sono sfidati e combattuti con tanta intensità dando origine ad una lotta in cui entrambi i contendenti si sono affrontati in masse compatte, ricorrendo a tutte le risorse per sopravvivere o abbattere l'avversario.

 
B-17 ad alta quota

In genere le missioni de bombardieri sono più simili ad un gioco a nascondino: sul pelo delle onde, di notte, tra le nuvole, molto alti, molto bassi, molto veloci che siano, sempre cercando di evitare le difese aggirandole con l'effetto sorpresa, la lunga autonomia per direzioni d'attacco inaspettate, la libertà d'iniziativa e sofisticate attrezzature di navigazione e contromisure. Sulla Germania, invece, gli Americani furono ben disposti a dimostrare la capacità di bombardare di giorno con i loro superbombardieri, mentre i tedeschi furono altrettanto decisi ad impedirglielo. Fino a che i primi non riuscirono a mettere in campo un'altra arma, i caccia di scorta P-51, la battaglia fu accesa e dagli esiti quantomai incerti. Bombardiere contro caccia: mai come qui vi è stato un confronto tanto difficile e competitivo. E per questo vale la pena di prenderlo come paragone per scenari di battaglie aeree simulate.

Se i B-17 erano le macchine più 'toste', a fronte di una difesa tedesca abbastanza tenace da rendere impossibile alla RAF eseguire azioni diurne con i suoi bombardieri (armati di 8 mtg da 7,7 mm anziché di una dozzina, gran parte delle quali da 12,7 mm), ci si può chiedere quale sia la relazione tra difesa e offesa nel determinare il risultato dell'incursione. Gli americani riuscirono ad arrivare sopra gli obiettivi, nonostante tutte le difficoltà, e a colpirli. Ma cosa sarebbe successo se, al posto delle loro formazioni, vi fosse stato un qualche altro tipo di forza, armata con aerei differenti e magari pure in numero differente? Per esempio, bombardieri italiani.


S.82 Marsupiale vs. B-17 modifica

Non molti sanno che in Italia vi sono stati progetti, realizzati, per bombardieri pesanti. A dire il vero, il primo trimotore in assoluto nacque proprio in Italia ('compromesso' tra i bimotori come quelli americani e il primo quadrimotore, nato in Russia grazie a Igor Sikorsky), tradizione dura a morire visto che l'EH-101 si potrebbe definire come ultimo esponente, anche se beninteso ad ala rotante, di questa filosofia di pensiero, che nasce da un lato dall'esigenza di avere macchine alquanto simili ai bombardieri pesanti, e dall'altra dall'indisponibilità tecnica di motori di sufficiente potenza, e al contempo, dalla mancanza di volontà e di soldi per comprare i bombardieri di tipo quadrimotore. Questi poi, non sono di realizzazione molto semplice e banale come si potrebbe pensare. Il famoso Piaggio P.108, che spesso viene citato (dopo la sua 'scoperta' dagli anni '70, prima era praticamente noto, in maniera vaga, come l'aereo con cui morì uno dei figli di Mussolini), e che viene definito come 'più avanzato del B-17' (per certi aspetti è vero, ma la questione è parecchio più complicata..), ha avuto una messa a punto lunga e una produzione risibile, alla fine è rimasto un mezzo aereo del tutto trascurabile. Ma non molti sanno che oltre a questo poderoso esempio di fortezza volante (alcuni non senza ragione, lo hanno definito 'debolezza volante' dati i problemi di messa a punto, peraltro normali per macchine tanto pesanti e complesse), vi è stato un altro apparecchio a lungo raggio di notevoli capacità, e concepito fin dall'inizio per essere sia un bombardiere che un trasporto pesante. Questo era l'S.82 Marsupiale, macchina a lungo raggio di notevoli capacità nonostante fosse assai sottopotenziata, e prodotta in oltre 700 esemplari.

Allora, ci si potrebbe chiedere cosa impedisse appieno a questa macchina di essere usata nel suo ruolo di bombardiere pesante al pari dei bombardieri alleati, segnatamente quelli Americani. La macchina venne in effetti usata per diversi attacchi a lungo raggio già all’inizio della guerra, che comportarono raid su Gibilterra, a 1600 km di distanza, e persino ad Aden, con un volo-record di 4.200 km alla rispettabile velocità di crociera di 250 kmh, apparentemente pochi ma in realtà non tanto inferiori a quelle pratiche delle macchine angloamericane (300 kmh circa), nonostante che queste fossero molto più veloci alla massima potenza (450-500 kmh contro 350) e avessero una ben superiore tangenza operativa (6.000-9.000 m contro 4.000-5.000).

Il bombardiere-trasporto strategico della Savoia-Marchetti era dotato di una autonomia normale e massima di 1.700 e 2.100 km, per cui stupisce come potesse essere modificato per andare a distanze circa 2 volte maggiori. D’altra parte, il similare civile S.75 aveva un’autonomia che in un esemplare modificato consentì di raggiungere oltre 12.000 km. Può stupire che il raggio d’azione fosse tanto maggiore rispetto al valore nominale, ma in tali tempi, prima del rifornimento in volo come standard, esistevano aerei abbastanza economici in termini di esercizio che permettevano di passare da poche centinaia di km a qualche migliaio in maniera assai facile. Era sufficiente aumentare la dotazione di carburante al posto di una parte del carico bellico spostando poche centinaia di kg di peso dal carico utile a quello di carburante, e magari disporre di 'manici' capaci di decollare in sovraccarico: sia per questo, che per la navigazione, in genere di notte e con l'uso del sestante, erano decisivi per la riuscita della navigazione, anche attraverso spazi sconosciuti e controllati dal nemico. In pratica si faceva artigianalmente quello che adesso si fa con la tecnologia, che rende meno faticoso, meno empirico e più vicino alla media l'eseguire missioni impegnative. È un po' come l'appontaggio sulle portaerei: con un Phantom si potevano fare bellissime figure ma ci si poteva anche schiantare con altrettanta facilità, mentre il successivo Tomcat, ben più controllabile a bassa velocità, rendeva possibile far sembrare bravi all'appontaggio anche dei piloti mediocri (l'estetica degli appontaggi è molto sentita sui ponti delle portaerei americane). Oppure come nella Parigi-Dakar: nata come competizione di velocità e orientamento, è diventata poi solo di velocità (che ha preteso le sue vittime, come il grande Meoni), per il semplice motivo che i veicoli a bordo hanno installato rapidamente il GPS, annullando la parte 'orientamento' della gara. Oppure, come non ricordare che le percentuali (80%) delle bombe a segno su navi in movimento da parte dei bombardieri in picchiata giapponesi erano degne di un'aviazione moderna con bombe-laser. Ma torniamo alla questione del 'Marsupiale': come mai è stato tanto sotto-impiegato durante la guerra rispetto ad altri tipi, tanto che le sue missioni di bombardamento sono state solo di recente analizzate e pubblicate in maniera sufficientemente esaustiva?

Sebbene il bombardiere-trasporto S.82 fosse una macchina molto capace in termini di bombardamento, esso era un tipo bivalente e come tale, utilizzabile già in fase progettuale come trasporto strategico. Questo fece sì che le macchine venissero molto apprezzate per il ruolo di trasporto. Le missioni erano necessarie perché esistevano armate oltremare, operanti in Africa, che avevano la necessità assoluta di essere rifornite con carburante, munizioni e cibo non reperibili nelle terre in parola, pena la progressiva perdita di ogni capacità operativa. La situazione in Africa Orientale era ancora peggiore, perché solo gli S.82 erano utilizzabili in tali lunghe tratte di volo, almeno per quello che riguarda i rifornimenti di parti di ricambio più grandi (aerei inclusi, e addirittura, carri armati leggeri, che però non vennero mai inviati realmente). Se la Regia Marina avesse ottenuto, come era ampiamente prevedibile dopo l’uscita della Francia dal conflitto e l’entrata in linea della coppia di corazzate 'Littorio' e 'Veneto', la superiorità navale, allora si sarebbe potuto fare a meno del trasporto aereo come vettore esclusivo per il trasporto in Mediterraneo: ma sorprendentemente, in un contesto di superiorità schiacciante come quello creatasi, la Regia Marina perse questa facoltà. In tale contesto è chiaro che gli S.82 vennero dirottati prevalentemente a compiti di trasporto strategico. La guerra nel deserto era di movimento e non vi era modo di combattere unità meccanizzate senza ingenti quantità di combustibili, mentre all’epoca in Libia non era stato scoperto il petrolio.

Se questo sia stato giusto o meno, resta il fatto che la produzione di S.82 si mantenne assai bassa per i primi 2 anni, pertanto i pochi apparecchi presenti nei reparti vennero dirottati verso le missioni di trasporto, cessando praticamente l’attività di bombardamento, che specialmente nelle azioni a lungo raggio, possibilmente notturne, richiedeva un addestramento e una preparazione non certo improvvisate.

Nondimeno, il fatto che dopo le prime azioni del 1940 non vi sia quasi traccia dell’attività dei Marsupiale non cessa di stupire molti storici e analisti militari: se almeno una piccola parte delle missioni volate come trasporti fosse stata compiuta come bombardieri, certamente il nemico avrebbe dovuto tenerne conto e provvedere a rinforzare le unità di difesa aerea delle retrovie, operare con le luci oscurate di notte, mettere in conto di non avere retrovie sicure fino a distanze notevoli dalla prima linea. Anche solo il dislocare alcuni reparti da caccia in seconda linea avrebbe potuto significare un problema molto più grave di quello che comportava ritrovarsi un rifornimento di armamenti o benzina in più da parte nemica, ma in pratica questo non venne fatto. Una parziale motivazione è che la produzione arrivò sì ad oltre 700 macchine (cosa che significò realizzare un numero di plurimotori italiani inferiore solo a quello degli S.79 e addirittura superiore se si considera la sola produzione del tempo di guerra), ma (almeno) 299 almeno risultano costruite dopo l’8 settembre per conto dei tedeschi, da parte di un’industria aeronautica che non cedette di schianto nella attività, ma anzi produsse sotto la Repubblica di Salò un numero di aerei avanzati anche maggiore di quello costruito prima dell’8 settembre 1943.

Insomma, l'S.82 è un velivolo piuttosto atipico per gli standard della II GM: al giorno d'oggi sarebbe come un misto tra un B-52 e un Boeing 707, o qualcosa del genere. In ogni caso, sia i trasporti che i bombardieri sono sempre stati entro certi limiti, macchine polivalenti: prova ne sia l'uso di apparecchi come il C-130, l'An-2 e l'An-12 come bombardieri, per non parlare di 'cannoniere volanti' come gli AC-47, 119, 123 e AC-130 Spectre.

Le missioni sulla Germania sono interessanti più di qualunque altra per la tecnica delle intercettazioni di grandi formazioni di bombardieri. Si è visto che l'S.82 era un apparecchio valido, ma di giorno era un bersaglio più che una macchina bellica efficiente. Che cosa differenziava tale apparecchio dai bombardieri Alleati, se l'autonomia (però con macchine appositamente preparate) era simile e così il carico bellico? Molte cose, e fondamentali. Che era pressoché privo di corazzatura, eccetto il sedile del primo pilota e i serbatoi autosigillanti fino al 12,7 mm (ma questo non gli impediva di esplodere se colpiti da pallottole incendiarie-traccianti), che era poco armato e che era poco prestante, oltre che molto meno robusto strutturalmente (tela verniciata al posto di rivestimenti in duralluminio, per esempio) e tendente, per il materiale vegetale di cui era largamente fatto, a bruciare (era una specie di grande 'vascello dell'aria', grosso modo grande come una Caravella, con tanto di ali in tela verniciata, quasi a mò di vele, e struttura largamente in legno). Inoltre vi erano dei punti deboli relativi alla sua fisionomia trimotore, che per esempio lasciava il muso indisponibile per una efficace sistemazione del bombardiere o di un mitragliatrice difensiva frontale. Per eseguire una missione da bombardamento era necessario abbassare la navicella sotto il muso con il puntatore dentro, che alle sue spalle aveva una mitragliatrice da azionare se necessario, contro avversari provenienti dal settore posteriore (ma era una manovra non tanto agevole, che rendeva impossibile il puntamento). Per essere un bombardiere davvero rispettabile, l'S.82 avrebbe dovuto avere i motori e l'armamento difensivo del P.108: 6-7 mitragliatrici da 12,7 e tre motori da 1350-1500 hp l'uno, magari con una struttura rinforzata, largamente metallica e corazzata, prestazioni all'altezza della situazione dato che la versione base aveva solo 3 motori da 860 hp l'uno. La versione S.82 bis doveva avere motori P.XIX da 1200 hp, ma questa variante da bombardamento notturno specifica dell'S.82 si dovette accontentare, per i pochi esemplari costruiti, dei soliti AR.126. Ma in ogni caso, sarebbe rimasto l'handicap della progettazione trimotore, per questo la stessa Savoia-Marchetti aveva costruito l'S.95 quadrimotore (che a parte la struttura ancora lignea, poteva essere considerato sostanzialmente un progetto moderno) e soprattutto la Piaggio con il suo P.108.

Tornado alla missione su Schweinfurt, utilizzando la tecnica della 'bacchetta magica' (ovvero fare modifiche che non sono attinenti alla realtà, un po' come selezionare a piacere i personaggi di un videogioco tra quelli da affrontare o con cui combattere), va detto che gli Americani inviarono circa 300 B-17F e G sia in quella di Agosto '43 che in quella di ottobre. Le modalità furono differenti (nel primo caso vi fu una prima missione con 150 aerei e una successiva, quella diretta a Schweinfurt, con 240), ma in entrambi i casi vennero registrate perdite per 60 aerei, con circa 600 aviatori, e danni per dozzine di altri bombardieri. Che cosa ci si poteva aspettare se i bombardieri fossero stati di tipo diverso? Come nel caso degli S.82? La differenza in risultati sarebbe variata per varie ragioni, e anche se non è possibile realisticamente produrre cifre esatte, è possibile notare le differenze tra i due tipi di bombardiere,come anche la rispondenza delle difese contro questi ipotetici avversari, diciamo dei B-17 'simil-S.82'. La cosa non è tanto peregrina: dopotutto gli inglesi all'inizio della guerra inviarono (con effetti disastrosi) bombardieri come gli Hampden e i Wellington contro le difese tedesche, e queste macchine non sono certo molto migliori degli S.82.

 
L'identikit del nemico N.1: il Fw-190

Prima cosa, prima ancora dell'armamento e della protezione, un aereo deve evitare di essere raggiunto: volare molto veloce e molto in alto, o molto in basso, o in maniera 'stealth' (quest'ultima è stata la tecnica degli S.82, realizzata semplicemente attaccando di notte obiettivi poco preparati all'evenienza, tipo le raffinerie di Aden o Gibilterra). Siccome la missione su Schweinfurt è stata diurna, per ottenere la massima precisione, si può scartare l'opzione notturna per questa 'replica', e limitarsi alla missione diurna con bombardamento in massa. I B-17 volavano normalmente attorno ai 300 kmh a pieno carico, con tangenza di 6.000-8.000 m, più spesso attorno ai 7.200-7.800 m. Questo và comparato con gli S.82, 250 kmh di velocità di crociera e circa 5.000 m di tangenza. Non sono differenze abissali, ma pur sempre significative, e soprattutto, una volta scarichi i B-17 possono salire oltre i 10.000 m oppure accelerare a circa 500 kmh. I caccia tedeschi non rendevano tanto bene a queste quote. La difesa tedesca aveva i Bf-109G, i FW-190A e vari caccia pesanti come i Bf-110G. Di queste macchine il miglior velocista era forse il FW, ma il miglior arrampicatore in quota era certo il Bf-109. Peccato che fosse anche il meno armato: giusto un cannone da 20 mm con 150-200 colpi e due mtg da 7,92 oppure (a prezzo di due 'bernoccoli' che riducevano la visibilità in avanti) da 13 mm. Non molto, ma alla metà del '43 cominciavano ad essere utilizzate anche armi aggiuntive, come una bomba a tempo da 250 kg, oppure due razzi da 210 mm, oppure due meno distruttivi ma più precisi cannoni sub-alari da 20 mm MG151 con 120-140 colpi l'uno, in appositi pod semi-incassati (il cannone era fuori dell'ala, le munizioni dentro: non c'era posto per entrambi). il FW aveva una struttura più pesante e questo poteva fargli trasportare armi più potenti, sia esterne dei tipi bombe o razzi, che interne: a metà del '43 i modelli tipici A-4 e A-5 avevano rispettivamente due cannoni MG151 (250 cp)+ 2 MG FF (meno moderni e potenti, 60 colpi)+ 2 mtg da 7,92 mm; oppure nel secondo caso 2 MG151 con 500 colpi, 2 MG151 con 250 colpi (complessivi), 2 mtg da 7,92 con 2000 colpi, che si aggiungevano ai 750 dei cannoni. L'A-5 era leggermente più pesante, ma in entrambi i casi la macchna dava il meglio di sè attorno ai 5.000 m: un po' troppo in basso per i B-17, ma ben dentro la tangenza tipica di un S.82. E le conseguenze non erano di poco conto: quando i B-17 si abbassarono dopo avere incontrato le nubi (le opzioni erano di sorvolarle e mancare quasi di sicuro il bersaglio, perdendolo di vista, oppure passare sotto le nuvole e continuare a tenerlo sotto tiro, costasse quel che costasse) e si ritrovarono con una delle formazioni a circa 5.000 m, persero 10 aerei in 10 minuti di combattimento. I caccia pesanti Bf-110 non erano meno sensibili alla questione: Bf-109 con armi aggiuntive, Fw-190, Bf-110 sarebbero stati tutti molto sollevati dal combattere contro avversari volanti entro i 5000 m. Questo per vari motivi, tra cui il carburante speso per salire in quota, soprattutto nel caso dei Bf-109. I Fw-190 erano macchine molto manovriere, in particolare con un rateo di rollio tra i 250 e i 400 kmh di circa 150 gradi al secondo, potevano rovesciarsi dopo avere sferrato un attacco evitando all'ultimo momento il bombardiere, magari con un ingaggio frontale.

 
I particolari del B-17, anche relativi all'evoluzione dell'armamento di bordo

Qui si arriva all'armamento. I B-17 avevano, nella versione F, armi da 12,7 mm binate nella torretta dorsale (girevole a 360 gradi ma senza capacità di sparare in depressione sull'orizzonte), ventrale (idem ma al contrario per l'alzo), postazione caudale, dal limitato brandeggio ma importantissima per negare ai caccia la possibilità di avvicinarsi senza essere abbastanza ben ingaggiati (fu la modifica che portò al B-17E, mentre la Piaggio cercava di risolvere lo stesso problema con le torrette alari da 12,7,piuttosto bizzarramente a dire il vero), un'innovazione che fece persino credere ai giapponesi, che riuscivano abbastanza facilmente ad abbattere i B-17C e D avvicinandosi di coda e persino frontalmente, pur essendo appena più veloci delle macchine americane, di trovarsi di fronte ad un 'caccia quadrimotore' (anche se gli stessi Giapponesi avevano a loro volta parecchi bombardieri con torretta caudale).

 
La complessa torretta ventrale dei B-17: oltre che scomoda, era adatta solo a persone basse, ma era il meglio possibile

Dal B-17G, arrivato ai reparti solo in settembre ma usato già durante la seconda incursione di Schweinfurt dell'ottobre '43, l'armamento capace di sparare sul davanti, dopo le strane, varie e un po' incerte sistemazioni precedenti (da una a 3 mtg, variamente sistemate in semplici 'buchi' o postazioni a ridotto angolo di tiro), diventava numeroso e congruo, soprattutto particolarmente adatto per affrontare avversari alla stessa quota visto che questo metteva in una certa difficoltà sia la torre dorsale che ventrale. Ma anche prendendo in caso i B-17F, questi potevano sparare in avanti con un massimo di 5-7 mitragliatrici, la maggior parte delle quali di grosso calibro. Il 12,7 mm era fondamentale, perché non serviva a molto sparare contro macchine oramai protette da corazze il calibro più piccolo: il FW-190 aveva un muso corazzato con piastre frontali di circa 5 mm e blindovetro da 50-55 mm molto inclinato, mentre il Gustav era meno protetto e robusto, ma un bersaglio più piccolo (=difficile) e con blindovetro spesso fino a 75 mm. Per far collassare le loro strutture e perforarne le corazze servivano le mitragliatrici pesanti.

 
Una fondamentale risorsa del B-17 era la torretta di coda, nonostante fosse anche più angusta di quella ventrale

Il B-17F poteva reagire agli attacchi da tergo con un totale di 7 mitragliatrici di grosso calibro, utilizzabili tra le due e le 4, se non addirittura 6 armi in simultanea. Questo spiegava bene perché gli attacchi erano particolarmente apprezzabili se sferrati dal settore anteriore, oltretutto con una velocità di 'closing' di quasi 1000 km (300 il bombardiere, 500-600 il caccia). Gli attacchi sui lati, o anche da settori 'quasi frontali' erano pure utili, soprattutto perché si poteva evitare di incrociare il bombardiere e di dover manovrare per evitarlo all'ultimo secondo, ma erano anche piuttosto dispersivi come colpi a segno, e meno letali nell'insieme. Inoltre il B-17 poteva reagire con un massimo di 5 mtg da 12,7 mm. Ma l'attacco frontale, sferrato con un caccia in volo a 7000 m di quota, con i comandi meno responsivi per l'atmosfera rarefatta, con il motore in superpotenza per garantire una velocità elevata e con i problemi di manovrabilità e stabilità dati dallo sparare e manovrare a quote e velocità tanto alte, non era affatto facile e men che mai lo era per i principianti. L'unica consolazione era che in caso di 'errore' l'attacco avrebbe portato alla distruzione pressoché certa anche del bombardiere, data la collisione in volo che ne sarebbe scaturita. La tecnica era quella di sparare da circa 1000 m, continuare per circa 2 secondi e poi disimpegnarsi a 2 secondi dall'impatto (a 250 ms di 'closing rate'), oppure, per chi volesse un tiro preciso e con poca spesa di munizioni, correre il rischio, serrare a circa 500-600 m, sparare fino a circa 300-400 per circa un secondo, e poi 'strappare' scavalcando il bombardiere che se colpito, non stava solo perdendo pezzi, ma già esplodendo; oppure rovesciare l'aereo in una picchiata vertiginosa. Tutto questo era difficile, e richiedeva molto sangue freddo.

Con l'S.82 (o meglio con un 'S.82 alike', l'ipotetico clone americano), macchina all'altro estremo delle caratteristiche tra i bombardieri pesanti, come sarebbero andate le cose? Mentre il B-17F aveva circa 10-12 mtg, quasi tutte di grosso calibro con almeno 3.800 colpi (e spesso di più con munizioni supplementari al posto di un maggior carico di bombe; la postazione di coda, con 1130 colpi, dava bene l'idea della sua importanza), nel caso dell'S.82 l'armamento (beninteso nella configurazione 'completa', con la gondola ventrale) era ben diverso. Vi era una mtg da 12,7 mm sulla torretta dorsale, movimentabile a giro d'orizzonte e con un'elegante cupola aerodinamica, piuttosto bassa (i precedenti bombardieri della R.A. avevano cupole più alte e per questo, semiretrattili in fusoliera), due mtg da 7,7 sui lati e una ventrale, nella navicella-gondola del puntatore (estremamente scomoda e capace di causare un discreto 'drag' con conseguenze sulla velocità o sull'autonomia). La prima era l'arma principale, una Scotti con 350 colpi, le altre erano Breda con 860 colpi l'una. Non c'era molto da scegliere, specie per i difetti della Scotti: più leggera della Breda da 12,7 mm, sparava munizioni grossomodo analoghe ma con cadenza di tiro leggermente maggiore: però da un lato era più leggera, dall'altro con più parti in movimento. Questo comportava due importanti conseguenze: che era molto prone agli inceppamenti, e che era soggetta ad una impressionante dispersione di tiro, tanto che la distanza utile dichiarata era di circa 400 m, addirittura inferiore ai 500 (sempre molto ottimistici) delle Breda da 7,7; ma secondo varie fonti, la portata max effettiva contro un caccia era inferiore ai 200 m! Tutto questo comportava di avere una portata ridotta entro cui la potenza residua dei colpi da 7,7 o la precisione dei 12,7 mm (quando sparavano, e comunque con poche munizioni a bordo come standard) potevano dare risultati apprezzabili.

Come esempio il tragico ponte aereo per la Tunisia, che vide gli S.82 impegnatissimi. Due episodi su tutti: in un caso, una formazione di 20 tra S.82 e i loro cugini civili S.75 (in piccolo numero, e comunque armati con la torretta) vennero assaliti da un gruppo di P-38 americani. Questo caccia aveva un potente armamento tutto concentrato nel muso, e con il suo cannone H.S. da 20 mm in versione americana(150 colpi) e 4 mtg M2 con 2.000 colpi da 12,7 mm, era grossomodo comparabile con un FW-190A-4 standard (2 MG151, 2 MGFF, 2 MG17: il peso della raffica era superiore nel caso del caccia tedesco, ma solo fino a quando duravano i colpi degli MGFF ovvero 7 secondi; dopo passava in vantaggio il caccia USA per altri 8 secondi, quindi finiva le munizioni da 20 mm e il vantaggio tornava dalla parte del tedesco per i successivi 5-8 secondi; quindi ritornava dalla parte americana fino a che, dopo 15 secondi ulteriori di fuoco, terminava anche le 12,7 mm: alla fine vinceva il FW-190, che poteva sparare per altri 20 secondi con le sue due MG17, che però non erano certo armi poderose).

Quello che successe quel giorno fu che, in un unico passaggio, i P-38 abbatterono 6 apparecchi italiani e altri 4 dovettero ammarare: metà formazione distrutta in un colpo solo! Anche le testimonianze dei superstiti sono drammaticamente interessanti: le loro mitragliatrici dorsali avevano una portata molto ridotta, e dopo poche raffiche molte si erano inceppate. Inoltre i P-38, con le loro armi precise e l'attacco in picchiata (che aiuta la mira compensando parzialmente l'accelerazione di gravità) avevano aperto il fuoco da 500 m, ben oltre la portata delle armi italiane: quelle che avevano iniziato anzitempo a sparare si ritrovarono spesso inceppate, magari proprio quando gli apparecchi si stavano facendo sotto. È vero che non sempre le cose andavano così, ma la distruzione di 10 Savoia in un passaggio solo dà l'idea delle potenzialità di un caccia ben armato contro un nemico quasi inerme. Anche la distruzione di 6 S.82 da parte di appena 3 Beaufighter inglesi è significativa: 2 a testa. I 'Beau' erano armati con 4 cannoni da 20 mm, migliori balisticamente di quelli tedeschi, ma meno validi nel distruggere bersagli poco robusti (nel senso che le munizioni esplosive non avevano la stessa carica delle 'minengeschoss' tedesche), più 6 mtg Browing da 7,7. Non era un armamento molto diverso da quello di un FW-190 con 4 MG151 e 2 MG17, o di un Bf-110 con un kit di modifica basato su di un paio di MG151 aggiuntivi oltre ai due già presenti+4 MG17.

Tutto questo accadeva, notare bene, con gli S.82 in volo a pelo d'acqua e in formazione stretta, per coprirsi reciprocamente e negare agli avversari la possibilità di effettuare: attacchi in picchiate ripide, frontali, laterali e ventrali: praticamente le picchiate moderate di spalle erano le uniche efficaci. Cosa sarebbe successo agli S.82 in volo in quota, nel regno dei caccia avversari, è facile da immaginare e certo la Breda da 7,7 (alcune fonti parlano di una da 12,7 mm ma tutte le foto mostrano quella leggera) della gondola non avrebbe fatto molta differenza. Oltretutto era un'arma talmente difficile da usare, che in molti casi nemmeno veniva montata.

Questo significava che, in sostanza, contro attacchi frontali gli S.82 potevano mobilitare la torretta con la 12,7 mm, ma solo se l'attaccante non volava al di sotto dell'aereo, e in tutti i casi senza potergli sparare in maniera efficace prima che questo si disimpegnasse dopo avere portato l'attacco (tra i 1000 e i 300 m, insomma, a seconda dei casi); attacchi frontali da quota leggermente inferiore erano senza difesa; attacchi laterali vedevano, come quelli dalle spalle, contrasto solo da un'arma da 7,7 e la 12,7, ma quasi mai simultaneamente. Chiaramente con grosse formazioni limitazione dei campi di tiro era meno sentita (copertura reciproca), ma un conto erano le formazioni scalate di B-17 e B-24, capaci di sparare a giro d'orizzonte con dozzine di mitragliatrici M2; un conto sarebbero state quelle di S.82, praticamente inermi, con una grossa fusoliera che costituiva un bersaglio perfetto. Attaccarli di spalle o in picchiata, magari col sole alle spalle, con un closing di 400-500 kmh non sarebbe stato molto rischioso. Ma soprattutto il rischio (per i bombardieri) era quello di vedere 'la fila per il pane', di caccia attaccanti nei punti deboli della 'falange'. Un FW attaccava un B-17 a 7000 m, a tutto gas -500+ km-, sparava da distanza e poi manovrava al meglio per evitare la collisione. Era difficile. Lo stesso aereo, a 5.000 m avrebbe avuto molta più maneggevolezza e quindi capacità di sparare a distanze ravvicinate e in modo preciso. Soprattutto, dovendo affrontare un avversario più lento, e quasi disarmato frontalmente, il 'closing rate' sarebbe stato inferiore. Il FW-190 aveva un'eccezionale velocità di rollio entro i 400-450 kmh, il che tornava utile per evitare la collisione all'ultimo momento. Visto che l'S.82 non aveva quasi niente da opporre frontalmente il caccia poteva rallentare rispetto alle velocità 'anti-B-17' e far scendere il closing rate da 250 a 150-170 ms (un km in sei anziché 4 secondi). Questo rendeva possibile sparare per 4 secondi anziché due dalla stessa distanza di un chilometro, oppure serrare e colpire quasi a bruciapelo tra i 600 e i 300 m, senza essere per questo dei 'manici' o degli 'aspiranti suicidi': sarebbe stata una manovra fatta con molta più tranquillità e padronanza del mezzo, un po' come prendere una curva a 60 anziché a 90 kmh.

Un altro punto debole erano gli attacchi dal basso, ma non solo con avvicinamenti da varie direzioni. Prendiamo un Bf-110: con una o due mtg da 7,92 mm dorsali, una volta che avesse finito le munizioni, si sarebbe potuto permettere il lusso di piazzarsi semplicemente sotto e davanti all'aereo e riempirlo di proiettili nell'abitacolo, motori e serbatoi, senza essere soggetto a reazione, da forse appena 100 m di distanza. È una tattica che può sembrare curiosa ma non è peregrina: i Boulton-Paul Defiant, con le loro mitragliatrici in torretta, erano aerei concepiti esattamente per questo compito, e senza caccia di scorta tra i piedi funzionavano bene, pur non potendo sparare direttamente verso in avanti (le 4 mtg da 7,7 non erano sincronizzate con l'elica e non c'erano altre armi, nemmeno una misera coppia, a bordo dell'aereo, già piuttosto pesante essendo dotato dello stesso motore dell'Hurricane monoposto). Contro un B-17 non conveniva quest'attacco (ma talvolta qualche raffica veniva esplosa ugualmente), ma il B-17 era armato a sufficienza per negare qualunque angolo cieco: un Bf-110 che si fosse piazzato sul suo naso a sparargli con le armi dorsali avrebbe rischiato di fare una brutta fine nell'arco di qualche secondo.

Altro elemento di pericolo erano i cannoni della Flak: non molto efficaci nell'abbattere i bombardieri B-17, i pezzi da 88 erano i principali armamenti disponibili: ma la loro quota di tangenza era di circa 9.000 m e così le macchine americane tendevano ad operare all'estremo limite d'ingaggio: per questo presero sempre più piede i cannoni da 105 e 128 mm, come anche i nuovi 88/71 mm Flak 43 (che di fatto vennero maggiormente dirottati ai reparti controcarri e ai mezzi corazzati più recenti tipo lo Jadpanther e il Tiger II). Ma questo con l'S.82 non era vero (come non lo era con i bombardieri inglesi, per lo più senza grosse prestazioni in quota), anzi l'aereo stava proprio a quota ideale per questi micidiali cannoni c.a. pesanti; inoltre era un bersaglio molto grosso e facile anche otticamente, ed era lento. Tutto questo dava almeno il doppio del tempo per sparare e aggiustare il tiro prima che uscisse dalla 'semisfera' d'ingaggio del cannone; poi ovviamente, c'è da dire che la resistenza dei B-17 ai danni e schegge, era tutt'altra cosa rispetto a quella degli S.82.

 
Il Bf-110, non casualmente noto come 'Zertorer'

Ma non era tutto. In aria c'erano anche i caccia pesanti. Spesso erano troppo lenti per raggiungere i bombardieri USA, questo era particolarmente vero se avevano armi pesanti a bordo. Per esempio il micidiale cannone contraereo da 37 mm convertito ad arma controcarro o antibombardiere, con 12 caricatori da 6 colpi l'uno: un colpo a segno era quasi la certezza di distruggere il bersaglio, e la gittata utile era di circa 1 km. Difficile arrivare a tiro di un B-17, ma facile da fare contro un S.82. Nella seconda metà del '43, l'epoca d'oro della caccia difensiva del Reich (prima che cominciassero ad essere battuti in casa loro dai Mustang), v'erano Bf-110 armati con il kit per il cannone da 37 mm (al posto dei due da 20 mm), 2, 4 o addirittura 6 razzi da 210 mm, e magari pure il kit che consentiva di rimpiazzare le 4 MG17 con 2 Mk108, i cannoni poi adottati anche dal Me.262: erano armi a corto raggio (la portata utile era di circa 350 m contro i 500 degli MG151) in quanto poco più che lanciagranate. Ovvero, si trattava di cannoni con scarsa cadenza di tiro, canna corta e bassa velocità iniziale con scadenti capacità balistiche: ma la granata da 310 gr aveva 70 gr di esplosivo (contro i 10-20 dei pezzi da 20 mm con cartucce pesanti circa 120 gr) e un colpo solo poteva far esplodere un caccia, pochi di più anche un bombardiere. Certo pesavano 66 kg l'uno, ma un kit simile, con 270 colpi al seguito, era assolutamente micidiale se si poteva serrare sotto ad un bombardiere. Il Bf-110G era certamente il distruttore per antonomasia: già come armamento base poteva avere 2 MG151 con 600 colpi, 4 MG 17 con 4.000, e una-due altre da 7,92 mm dorsali. Con i kit di modifica poteva avere in alternativa: fino a 4 MG151 con 1.050 colpi +4 MG17, oppure 4 MG151+2 Mk108, oppure 2x30 mm + 1x37mm, oppure 4x7.92 +1x37 mm, fermo restando l'armamento difensivo e quello di razzi o bombe a tempo subalari. Eventuali impianti di superpotenza installati a bordo richiedevano invece la demolizione di molte corazze protettive e delle armi dorsali, ma per gli S.82 non sarebbero stati affatto necessari.

A parte tutto questo, c'era anche il pericolo dei bombardieri tedeschi. Qualora questi avessero avuto modo di intervenire contro macchine molto lente e vulnerabili, l'avrebbero fatto. I B-25, 26 e 24 spesso attaccavano aerei da trasporto o pattugliatori nemici comportandosi come dei caccia super-pesanti e dimostrandosi più pericolosi da singoli che come parte di un 'branco' (quello che si potrebbe dire di un bufalo, dopotutto). Sono noti casi di altre macchine, come gli Ju-88, attaccare i pattugliatori marittimi avversari. Persino uno Ju-87 (380-410 kmh, 2 mgt da 7,92 frontali e 1-2 dorsali) avrebbe potuto intercettare un S.82, e si ha notizia di bombardieri del genere che volavano sopra le formazioni americane sganciando bombe da 250 kg con spoletta a tempo. Queste armi potevano essere fastidiose quando sganciate singolarmente da un caccia, ma con un bombardiere era del tutto diverso. Con avversari sufficientemente lenti e vulnerabili, ai Tedeschi non sarebbe stato affatto difficile organizzare sezioni di apparecchi tipo Ju-88, He-111, o addirittura He-177, armati con bombe a tempo, e gli effetti avrebbero potuto essere catastrofici. Una macchina media avrebbe potuto trasportare 4-8 ordigni del genere e sganciarli a grappoli di 4. Una formazione di appena 3 aerei avrebbe potuto scaricare 12 bombe e magari ripetere l'azione: ogni bomba aveva un raggio distruttivo di decine di metri, e le schegge arrivavano anche a km di distanza. Fatto 100 m il raggio letale, 12 bombe avrebbero potuto saturare una striscia teoricamente di 100x 2.400 m, molto di più di quanto occupato da una squadriglia di aerei. I pochi e relativamente inefficienti He-177 avrebbero potuto giocare un ruolo non meno importante: con 6 t di capacità di carico, anche sfruttata solo per i due terzi, pochi di questi aerei avrebbero potuto causare uno sconquasso incredibile: 3 aerei con 48 bombe avrebbero potuto saturare interi settori di cielo. Peggio ancora se si fossero usate bombe a grappolo ad apertura istantanea (magari con timer per l'autodistruzione dopo xx secondi per non bombardare a terra): una pioggia di bombe da 1 o 2 kg sarebbe stata anche più pericolosa: un singolo bombardiere poteva rilasciarne oltre 300-700 esemplari, ciascuno in grado di distruggere un bombardiere. Se i timer fossero stati accorpati non alle bombe da 250 kg (il max pratico trasportabile da un caccia all'attacco di un B-17) ma a quelle da 500 kg (che avrebbero potuto essere portate se il bersaglio erano 'S.82 alike') le cose sarebbero andate anche peggio. Ma i bombardieri avevano anche armi ben più potenti, per esempio le bombe da 1.000, 1.700, 2.000, 2.500 e oltre kg, delle vere 'atomiche' dati i bersagli. Una bomba moderna similare, la Mk 84, 907 kg, 45% dei quali di HE, ha un raggio esplosivo letale di circa 90-120 m, ma le schegge sono sufficienti per ottenere un raggio utile di oltre 300 m anti-uomo. Poniamo che, specie ad alta quota (atmosfera più rarefatta, più raggio d'azione: la testata di un SA-2 Guideline passa per esempio da 60-100 m a 200-250 ), vengano usate armi intermedie: un He-177 poteva portare agevolmente 4 bombe da 1.000 kg, anche se non c'erano armi specifiche del tipo 'a frammentazione' di questo peso. Una formazione di 3 aerei che avesse sganciato da 6.000 m, avrebbe potuto (1 km più in basso) causare, se abbastanza distanziati, un'area di 'annichilazione' grossomodo di 600 m di diametro per 2 km di lunghezza (con una bomba per aero), e ripetere la cosa per altre 3 volte. Un volume di cielo del genere avrebbe potuto far sparire una formazione a livello di gruppo se non di stormo, tra macchine danneggiate e distrutte. Inoltre gli He-177 erano pieni di armi, tra cui cannoni da 20 mm in torretta caudale e mitragliere da 13 mm in torri dorsali, per cui potevano mettersi davanti ai bombardieri e attaccarli stando praticamente fuori portata di tiro. Insomma, con bersagli tanto lenti non sarebbe stato solo un fatto tra S.82 e caccia, e anche contraerea, ma questo avrebbe permesso anche a macchine normalmente non usate per azioni di difesa aerea di farsi sotto e con effetti, date le armi usate, potenzialmente catastrofici. Non è un'idea assurda, visto che per esempio vennero realizzati 3 HE-177 con un lanciarazzi multiplo da 210 mm a 33 canne, sparante verso l'alto, come distruttori di bombardieri. Avessero avuto prestazioni migliori, specie in salita, avrebbero costituito un problema serio, ma di fatto non ebbero seguito: i B-17 non erano facili da raggiungere. Ma se l'avversario fosse stato al livello di S.82 (oppure di un Wellington, non molto migliore) le cose sarebbero cambiate drasticamente (e infatti i bombardieri inglesi potevano volare solo di notte pena l'annientamento). Un HE-177 poteva essere armato, con i vari kit, con un cannone singolo o doppio da 30 mm, oppure uno singolo da 75 mm (o anche, teoricamente, le armi intermedie da 37 e 50 mm). Un HE-177 armato di 4 t di bombe e due cannoni da 30 mm Mk 103 (con balistica molto superiore rispetto agli Mk 108 e con portata utile di circa 1 km) oppure uno da 37 o 50 mm sarebbe stato un distruttore micidiale, ma quello che avrebbe fatto davvero la differenza, senza essere ancora disponibile, erano i razzi da 55 mm iperveloci (base di tutti i razzi postbellici leggeri), o almeno i cloni degli RS-82 sovietici, visto che i razzi da 210 mm dell'Esercito (110 kg di peso e 40 di testata) erano lontani dall'essere ideali (ma stranamente ebbero più successo contro i bombardieri che contro bersagli a terra). Una salva di 12-24 razzi del genere, specie con un attacco frontale, sarebbe stata devastante e ad un prezzo molto basso (3,5 kg di peso di cui 0,45 di esplosivo per ordigno).

C'è un altro effetto fondamentale delle armi 'atipiche' usate contro i bombardieri: disperderli. Un bombardiere isolato, in una situazione del genere, è un bombardiere perduto. Questo si poteva fare in due modi. Uno erano i danni inflitti, specialmente quelli ai motori. Se un aereo si fosse ritrovato una scheggia sul circuito di alimentazione di un motore, questo avrebbe smesso di funzionare, e l'aereo avrebbe perso inesorabilmente il contatto con i gregari, o quantomeno, avrebbe dovuto sganciare anzitempo le bombe per seguirli. Inoltre i razzi e le bombe con spolette a tempo avrebbero seminato il panico: gli aerei tendevano a mantenere una formazione stretta per difendersi, a mò di falange, con il fuoco concentrato delle proprie armi contro i singoli attacchi dei caccia. Ma se bombe e razzi cominciavano a saettare e ad esplodere 'nel mucchio', questo avrebbe reso il branco di bombardieri solo un facile bersaglio, un po' come una formazione di storni per un fucile da caccia. L'inevitabile conseguenza di attacchi del genere sarebbe stata che qualche aereo sarebbe precipitato, altri avrebbero abbandonato la formazione per i danni, altri ancora sarebbero stati danneggiati (anche alle armi difensive) ma avrebbero tenuto; ma tutti si sarebbero allontanati gli uni dagli altri, scompaginandosi e diventando a quel punto più vulnerabili.

Lo stesso si potrebbe dire per gli attacchi dei caccia dal settore frontale, specie perché in tal modo avrebbero colpito il capoformazione e i capisquadriglia in primis. Un attacco teoricamente perfetto sarebbe stato quello di una squadriglia di caccia che avesse prima scaricato bombe a scoppio ritardato in quota, poi attaccato una o due volte frontalmente, poi si fosse data alla distruzione sistematica degli aerei rimasti isolati e indietro, per annientare infine il nucleo di macchine capaci ancora di continuare a volare in formazione. Oltretutto lo sgancio delle bombe da parte dei bombardieri in quota richiede in genere una formazione compatta e ben strutturata se si vuole colpire il bersaglio, e questo è un altro effetto 'collaterale' efficace per la difesa. Anche il tiro dell'antiaerea, se preciso, avrebbe quest'effetto. E se per caso gli S.82 dovessero volare sotto i 4.500 m, allora sarebbero stati anche entro la gittata utile dei cannoni automatici da 37 mm, non solo quelli da 88 mm in sù.

Poi c'è da considerare un ulteriore aggravante. Contro i bombardieri (e la loro lunghissima 'bomber stream') i caccia tedeschi che fossero riusciti per tempo ad intercettarne le avanguardie, avrebbero fatto in tempo a ritornare a terra e rifornire, ma poi non sarebbe stato facile ritornare in quota in tempo per re-intercettarli di nuovo (stavolta attaccandone le retroguardie). Ma con macchine più lente e a quote minori, la possibilità di una seconda missione, per i caccia ancora efficienti (molti, dato lo scarso armamento difensivo dell'S.82), era alta. Salita a 5.000 m in 6 minuti circa (per i 7.000 ce ne volevano parecchi di più, specie a pieno carico), attacco per circa 20 minuti, poi disimpegno con picchiata verso la base avanzata più vicina, tenendo una media di discesa (su 20-50 km di distanza) di circa 600 kmh. Poi rifornimento entro 15-20 minuti, riallineamento e decollo. I Tedeschi curavano molto l'efficienza e la rapidità di riarmo per i loro aerei: quando uno dei loro Gruppen da caccia (era il II/JG 77) passò temporaneamente sui Macchi C.205, li trovarono in generale prestanti, ma difficili e lenti da rifornire e riarmare, per cui il loro giudizio non fu entusiasmante (a maggior ragione dato il funzionamento inverso della manetta, che causò la distruzione di almeno 5 apparecchi e la morte di diversi piloti).

I caccia tedeschi che affrontarono i bombardieri americani a Schweinfurt furono, sia ad Agosto che a ottobre (quando le difese, inclusa la flak, vennero molto irrobustite), circa 300. A questo punto, viste le differenze, ci si potrebbe sbilanciare in numeri.

Avrebbero potuto i 300 caccia difensori (+incidenti, flak, magari pure 50-100 bombardieri come appoggio) salvare Schweinfurt dall'ondata di bombardieri? Perché per quanto vulnerabile, ogni S.82 una volta sull'obiettivo avrebbe potuto scaricare (con molta meno precisione) un carico di 1-2 t di bombe, similmente ad un B-17: dunque una minaccia da non sottovalutare.

Di 300 B-17, circa 60 andarono perduti (nella seconda incursione; per la prima il totale di B-17 fu di 370, ma solo 220 andarono verso quest'obiettivo e subirono 36 perdite), dunque il 20% del totale, e se questo fosse stato solo per merito dei caccia (che furono indubbiamente i principali avversari) questo significa 0,2 successi per ogni caccia tedesco coinvolto. Ci si potrebbe chiedere, per induzione, a quanto ascenderebbe il rateo di successi se il bersaglio fosse stato più facile. Per esempio, nella seconda incursione c'erano anche dei B-17G; se non ci fossero stati le perdite sarebbero state maggiori; se vi fossero stati solo dei B-17E, anche meno efficaci degli F, il rateo di perdite sarebbe stato anche più alto, anche perché gli 'E' non avevano semplicemente le munizioni sufficienti per sostenere combattimenti molto lunghi, per cui o sparavano troppo poco oppure finivano troppo presto le pallottole. Se poi vi fossero stati i C o gli D, sarebbe andata di gran lunga peggio, e se infine vi fossero stati i B-17B, molto meno veloci (470 contro 515 kmh) e di qualcosa meno armati, sarebbe stato un ulteriore massacro aggiuntivo. A questo si aggiunga che moltissimi B-17 ritornarono giusto per la loro capacità di 'incassatori': ma quanti di questi si schiantarono al suolo, ammararono, risultarono irrecuperabili per i danni subiti è difficile da dire: si sa che dei 230 direttisi su Schweinfurt ad Agosto, 36 vennero abbattuti, 25 messi KO e 147 danneggiati seriamente o gravemente: macchine prive delle corazzature e dell'armamento difensivo, che come una falange di picche teneva a distanza i caccia nemici, avrebbero subito una sorte molto peggiore.

Per cui, nel caso degli S.82 (nettamente inferiori anche ai B-17B) immaginare un rateo di perdite di un ordine di grandezza superiore non è fuori luogo. La valutazione, visto e considerato tutto, è ovviamente soggettiva e le valutazioni teoriche azzardate, ma si potrebbe ben dire che un Bf-109G avrebbe abbattuto un S.82 con una certa disinvoltura. Questo, considerato che parte dei 'Gustav' avrebbero avuto armi supplementari, e forse considerando il risultato totale e non per singola sortita (ovvero, magari ottenuto con una media di 1,33-1,5 sortite per aereo). Se il Bf-109G aveva questa capacità, il FW-190, una sorta di caccia medio, avrebbe potuto ottenere agevolmente due abbattimenti (il FW-190 è stato il più micidiale intercettore di bombardieri tedesco: si arrivò, nel '45, addirittura a trasformarlo in un 'ariete' con 200 kg di corazze aggiuntive e la scorta dei Bf-109G: i FW serravano sotto in formazioni compatte e aprivano il fuoco a distanza ravvicinata, talvolta addirittura speronavano i bombardieri, con risultati spesso devastanti per questi ultimi). Questo grazie alla robustezza, corazza protettiva, stabilità di tiro, facilità di pilotaggio (nonostante il peso elevato, era praticamente un aereo acrobatico) e 4 cannoni da 20 mm, anche se non sempre tutti dell'ultimo tipo (i caccia al fronte in genere ne avevano solo due, più che sufficienti contro i velivoli tattici). I caccia pesanti come i Bf-110G, con le loro armi pesanti e ben rifornite di munizioni, forse potevano fare anche di meglio, magari ottenendo 3 vittorie a testa. Con questo calcolo, 300 caccia suddivisi in 120 Bf-109G, 100 FW-190 e 80 caccia pesanti avrebbero ottenuto 120+200+240 vittorie, pari a ben 560. A questo si aggiunga una certa percentuale di aerei respinti, danneggiati, dispersi dall'azione dei caccia, diciamo un quarto di quelli abbattuti direttamente: 560+130= 690. Contraerea e incidenti avrebbero preteso altri 50 apparecchi almeno. In tutto, anche senza considerare l'eventualità dell'uso di bombardieri come 'distruttori di formazioni', si sarebbe raggiunto un totale pari a tutti gli S.82 prodotti. Quindi una forza d'attacco di 720 aerei, ripartita in 20 stormi (tanti quanti ne aveva la Regia Aeronautica, equipaggiati con macchine moderne, allo scoppio del conflitto nel '40) con 2 gruppi l'uno, ciascuno su due squadriglie da 9 velivoli (tipico dell'organizzazione della R.A.), sarebbe stata, stormo dopo stormo, letteralmente annientata.

Può sembrare un risultato eccessivo, ma a parità di numero di macchine impiegate rispetto a quelle americane (circa 300) esistono pochi dubbi che nessun S.82 sarebbe mai arrivato su Schweinfurt. Se si considera che i ben più robusti e meglio difesi B-17 (nonché capaci di sfuggire ai caccia una volta sganciate le armi, salendo anche sopra i 10.000 m) nella prima incursione subirono 60 perdite, ma altri 60 atterrarono in Africa Settentrionale in condizioni di danneggiamenti eccessivi per essere riparati, lo stesso per 27 aerei in Inghilterra, per non parlare poi di quelli che dovettero ammarare nel Mediterraneo. Se persino le poderose Fortezze volanti ebbero danni tanto estesi (aerei che in alcuni casi rientrarono dopo un colpo in pieno da 88 mm, capace di disintegrare praticamente qualunque altro bersaglio), è davvero difficile che altri apparecchi avrebbero potuto sopravvivere tout-court. Anche riducendo il rateo di successi a 0,5 per il Bf-109G, 1 per il FW e 1,5 per i caccia pesanti (Bf-110, Ju-88, Do-217) sarebbero stati ancora 280 aerei, sufficienti per annientare l'intera spedizione su Schweinfurt senza contare interventi di bombardieri, flak, incidenti e malfunzionamenti.

Anche così può sembrare eccessivo, ma non è realmente il caso. Per esempio, 3 Bf-109E (in una insolita formazione dispari) incontrarono 6 Bristol Blenheim sopra i cieli della Grecia nell'aprile del '41, e in pochi minuti li abbatterono tutti. Non sappiamo se si trattava di Blenheim Mk 1 (un'unica mtg difensiva da 7,7 mm) o Mk IV (2 o 4 armi), ma erano pur sempre bombardieri agili, piuttosto veloci e di costruzione metallica: solo raramente i caccia italiani riuscivano ad abbatterne qualcuno, e solo eccezionalmente successe che due Blenheim fossero abbattuti da un singolo CR.42 (e lo stesso vale per i G.50 e C.200). Ma qui la media, per l'appunto, fu di 2 vittorie per Bf-109E, mentre il Bf-109G era certamente molto più potente (anche se non molto più armato) e l'S.82, per prestazioni, costruzione e agilità, un bersaglio praticamente perfetto. I FW-190 potevano fare anche di peggio: una coppia di questi apparecchi nel '42 abbatté 6 bombardieri veloci Pe-2, in pochi minuti. Il resoconto è nell'enciclopedia Mach 1, e gioverà sapere che, sebbene la media fosse di 3 a testa, in realtà il capocoppia ne distrusse da solo 5, mentre il meno esperto gregario ne colpì solo uno. Questo contro alcuni dei migliori bombardieri tattici della II G.M. Sempre a proposito di vittorie multiple, il Fokker D.XXI di un asso finlandese riuscì, nel corso di pochi minuti, ad abbattere 6 grossi e potenti TB-3 russi durante un raid sulla Finlandia (ed esattamente il 13 gennaio 1940, da parte del ten.Sarvanto: distrusse sei dei 7 bombardieri e l'altro venne abbattuto da un gregario), anche se va precisato che si è trattato di un esempio unico in tutta la Guerra d'Inverno.

Insomma, per quanto sia difficile scendere in dettagli (ognuno si farà eventualmente la stima che crede), è chiaro che se già l'uso di bombardieri al 'top' ha comportato risultati non del tutto soddisfacenti contro perdite catastrofiche (a questo proposito, i mitraglieri americani pretesero 288 vittorie aeree, praticamente tutti i caccia tedeschi in giro: più tardi tale cifra fu ridimensionata dagli stessi americani a non più di 53, e forse in realtà i tedeschi persero solo 25 apparecchi), l'uso di una qualunque altra macchina di prestazioni inferiori sarebbe stata catastrofica solo per l'attaccante: nel caso di macchine dalle capacità di difesa e prestazioni medio-basse, il rateo di perdite sarebbe salito senza troppe difficoltà all'ordine delle centinaia. Per gli S.82 è facile ipotizzare danni devastanti, ma di quante raffiche da 20 mm avrebbero necessitato prima di esplodere in fiamme, questo è difficile da dire. Di sicuro non avrebbero opposto nessuna valida resistenza, nemmeno in branco: uno stormo di questi aerei avrebbe erogato una potenza di fuoco difensiva inferiore ad una squadriglia americana (e le M2 Browning, vale la pena di dirlo, erano molto superiori alle 12,7 italiane, anche alle Breda, grazie soprattutto ad una cartuccia da 12,7x99 anziché il debole munizionamento tipo Vickers da 12,7x81 mm. Il fatto che quest'ultimo fosse disponibile in versione esplosiva non è che cambi molto, dato che il contenuto era di ben 0,8 grammi: non stupirà che, nonostante la M2 potesse arrivare a 2-3 gr di esplosivo, si preferisse usare il carico chimico per sostanze incendiarie, ben più pericolose anche per i serbatoi autostagnanti).

S.79 e simili modifica

 
S.79

Quanto alle macchine medie, sempre considerando quelle italiane, esse erano molto numerose, con un totale di circa 2000 esemplari: ma tutte queste, eccetto i BR.20 e qualche altro tipo (C.1018, Ca.135) erano trimotori, il che dava loro gli stessi problemi di difesa frontale degli S.82. L'S.79 aveva per esempio una Breda da 12,7 mm montata frontalmente, ma questa era fissa e onestamente non si capisce a che servisse (a meno di non usare questo nuovo bombardiere 'veloce' per intercettare altri aerei, come all'epoca del suo avvento si era ventilato), anche perché non essendo sincronizzata, era sistemata inclinata per sparare un po' più in alto della linea di volo. L'S.79 venne costruito in 1200 esemplari, anche se non più della metà in periodo bellico, il Cant Z.1007 in circa 600, di cui gli ultimi 150 circa erano i 'ter', da ben 490 kmh, ma ancora con i limiti di campo di tiro soliti, e armi del tipo Scotti. Erano comunque delle macchine d'alta quota, e tutto sommato avevano le migliori chances di sopravvivenza (poche in ogni caso, come dimostrò l'incontro con i caccia tedeschi del '44, quando 5 aerei vennero abbattuti dai Bf-109 e altri 2 danneggiati su 12 in tutto), certo migliori di quelle dei pur robusti S.79 e dei circa 300 S.84, veloci ma con scarse capacità di volo in alta quota (nonostante in teoria fossero migliori degli S.79).

 
Gli S.79 usualmente avevano una Breda nella gobba, ma come in questo caso, non erano rari i casi di rimozione per risparmiare peso

I BR.20 avevano una postazione difensiva nel muso, ma da soli 7,7 mm, e a parte le capacità di incassatori tutt'altro che disprezzabili (del resto erano gli unici apparecchi 'quasi metallici') non brillarono mai per capacità difensive dai caccia (anzi..). Insomma, ponendo sempre per ipotesi di lavoro gli S.79, 84 o Cant etc.etc al posto dei B-17, non si sarebbe comunque raggiunto un livello di sopravvivenza accettabile: quando andava bene si trattava di aerei armati di 4 mtg Scotti da 12,7 mm, sia pure molto meglio corazzati degli S.82, e da 450 kmh (ma soprattutto, 350-380 di crociera), ma ancora con tangenze molto modeste (eccetto i Cant.1007 Ter, che arrivavano a 9.000 m come massimo). Restava poi l'imprecisione del lancio, per vari motivi, sugli obiettivi, e il carico di armi tipico era dell'ordine dei 1000 kg (8 o 10 bombe da 100 kg nominali, che in realtà pesavano quasi 130 kg l'una, quindi più delle 250 libbre/113kg inglesi; oppure 2 bombe da 512 kg o 4 da 259 effettivi), tipico di un bombardiere medio, non pesante. Un carico di circa 1,5-1,8 t sarebbe stato possibile solo a scapito delle prestazioni e del carico di carburante (per esempio, i BR.20 avevano 3.600 kg di carico utile, ma 2.500 erano per il solo pieno di carburante: con questo e 1000 kg arrivavano ad un raggio d'azione di circa 800-900 km, ma con 1,5 t o decollavano in sovraccarico, possibile ma non raccomandabile data l'esigua potenza, oppure riducevano il raggio a circa 400 km).

Il P.108 modifica

Esisteva però un'altra macchina ancora, sempre considerando l'arsenale italiano (ma si potrebbero fare paragoni altrettanto pertinenti con quello inglese, partendo dal Bombay fino al Lancaster), quel P.108 di cui sopra.

 
Il P-108 in volo: notare le torrette alari, quella ventrale retratta e l'arma nel muso

Questo era un bestione dall'aspetto particolarmente imponente: una fusoliera ben avviata e aggraziata (simile a quella dei primi B-17) e un muso 'mentuto' caratteristico, simile a quello del Whitley, almeno concettualmente, o a quello del Blenheim IV. Era una macchina molto pesante, e forse questo era il suo vero problema, motori e impiantistica a parte (che furono migliorati ma non si sa bene quando e quanto: di sicuro la versione da trasporto fu molto più apprezzata).

La corazzatura era piuttosto consistente anche se non si sa bene a quanto ammontasse. L'armamento difensivo e le prestazioni, invece, sono ben noti. Il primo era caratterizzato dall'introduzione di due torrette telecomandate (anzi, filoguidate) da 12,7 mm con le mitragliere da 12,7 mm Breda, 300 colpi per arma e due armi per torretta; poi c'era un'altra torretta ventrale, estraibile, a forma di bidone (non è mai stato facile fare postazioni ventrali efficienti per i bombardieri, tanto che di fatto i B-24 hanno preferito adottare postazioni caudali ad ampio angolo, impossibili sulla piccola fusoliera dei B-17 che originariamente non erano stati pensati per questa innovazione), con altri 450 cp; poi c'erano due armi leggere da 7,7 sui lati, e una sesta arma pesante in un'altra torretta motorizzata, nel muso. Questa fu cancellata nella serie II del P.108, e quasi per certo a ciò si deve l'aumento di velocità da 419 a 430 kmh (il perché è semplice: la postazione della mitragliera fu semplicemente chiusa con una carenatura aerodinamica e l'arma rimossa: ecco guadagnati qualche kmh), ma naturalmente questo avrebbe lasciato del tutto sprotetto l'aereo contro attacchi frontali (molto nominalmente affrontabili solo dalla postazione ventrale). La modifica del resto era sensata considerando che oramai il P.108 era visto come bombardiere notturno, non certo come 'armata aerea' alla Dohuet. Le prestazioni erano interessanti, con 4 motori da 1.350 hp l'uno, i più potenti disponibili in Italia, ma al solito, inversamente soddisfacenti per affidabilità. Ma la massa dell'apparecchio era troppo elevata, oltre 30 t. La tangenza operativa era di 6.000 m, max 8.000. Il coevo B-17C, con motori da 1.200 hp turbocompressi aveva una velocità max di 515 kmh ( non è chiaro se si tratta di prestazioni omologhe: ovvero, se in entrambi i casi si tratta della velocità di punta massima, oppure di quella raggiungibile a pieno carico: due cose molto diverse per un bombardiere), che comunque fosse stata misurata era di gran lunga superiore a quella del P.108, e addirittura superiore a quella del Macchi C.200, il più veloce caccia italiano in servizio nel '40. Inoltre la velocità di crociera dell'aereo americano era di 400 kmh, certamente molto maggiore di quella del bombardiere italiano. La tangenza era pure molto maggiore: 9.000 m teorica, 1000 pratica: 3.000 m in più. Se si considera che il Macchi 200 arriva a 8.800 m come massima tangenza, e che a 7.000 m superava a fatica i 350 kmh, praticamente il B-17C in azione ad alta quota era imprendibile: gli bastava tenere la velocità di crociera. In questo senso l'armamento non era nemmeno importante: comunque le 6 Browning tra leggere e pesanti erano un deterrente significativo, e forse nemmeno inferiore rispetto all'armamento del P.108 Serie I. Quest'ultimo aveva un raggio d'azione leggermente migliore con carichi bellici analoghi (circa 3350 km con 2000 kg contro 3128 con 1800) ma il B-17C si permetteva, pur pesando 24 t a pieno carico, di ospitare fino a 4.800 kg di carico massimo contro i 3.500 dell'aereo italiano.

Quanto a quest'ultimo, il vero problema non era la carenza di prestazioni in quota e di affidabilità (entrambe chiare e comprovate), né la robustezza, ma semmai l'efficacia dell'armamento difensivo. È strano come la Piaggio sia sempre stata così all'avanguardia che spesso i suoi apparecchi si siano dimostrati nella pratica inutilizzabili: il P.23 fu rottamato su due piedi dopo una prima serie e nonostante i tanti possibili sviluppi futuri, il P.108 di fatto non ha avuto il ruolo di macchina a lungo raggio, venendo praticamente oscurato dal razionale ma preistorico (tecnologicamente parlando) S.82, il caccia P.119 ha fatto giusto pochi voli di prova mentre le macchine serie '5' erano già in produzione e così via.

Nel caso del P.108 spesso si parla di impiantistica inaffidabile: in genere a riguardo dei motori, ma non si sa se questo valeva anche per l'armamento. Detto questo, quello che di sicuro si sa del P.108 nello scenario 'Schweinfurt' è che le prestazioni erano di qualcosa scarse rispetto alla tangenza e alla velocità dei B-17 (anche la versione G con la torretta 'a mento' raggiungeva i 460 kmh), e soprattutto era irrealizzabile volare ben sopra i 6.000 m. Ma soprattutto vi era il problema dell'armamento. Le due torrette del P.108 erano infatti sistemate nelle ali, per avere ottimo campo di tiro (site nelle due gondole interne) verso attacchi di coda. Ma i due mitraglieri erano sempre nella fusoliera, e nonostante fossero sulla 'gobba' non avevano una visione valida di quello che succedeva in coda. L'unica soluzione sarebbe stata quella di riprogettarla e di metterci una postazione difensiva. Di fatto gli americani fecero così, oltre ad aggiungere la torretta dorsale e quella ventrale. Se, poniamo, la Piaggio avesse dotato l'aereo di una torretta dorsale e di una postazione (anche singola) caudale, avrebbe fatto un lavoro molto migliore e razionale. Ma soprattutto, avrebbe fatto un qualcosa di pratico perché: 1-le torrette teleguidate erano facili da 'scollegare' rispetto al sistema di mira a distanza: ne sanno qualcosa gli americani, che basarono su torrette telecomandate l'armamento del B-29 e dovettero constatare la difficoltà, ad alta quota (-40 gradi) di mantenere le canne realmente puntate verso il punto indicato dal reticolo delle cupole di tiro, pur presenti sempre nella fusoliera e non quasi dieci metri a lato. Questo va a discapito della precisione, e richiede fuoco maggiormente prolungato per colpire qualcosa aiutandosi coi traccianti ma 2- queste torrette alari, per quanto ingegnose, erano munite solo di 300 colpi per arma, circa 12 raffiche da 2 secondi (esempio), che erano solo la metà di quanto portava un B-17 (e spesso anche così le munizioni non bastavano). Per giunta, non c'era modo di rifornirle, per esempio dalla postazione ventrale che ne aveva ben di più (450 colpi). 3- poi c'era il problema della praticità della soluzione: a parte la questione allineamento, a parte la riserva di munizioni, in azione guasti e danni sono devastanti e devono essere previsti. Se la torretta fosse stata guastata da una semplice avaria, nessuno avrebbe potuto metterci le mani fino all'eventuale rientro. Una pioggia di schegge di flak o una raffica da 20 mm avrebbero potuto facilmente danneggiare la torretta, o magari il circuito di comando e alimentazione elettrica (lunghezza circa 10 m per ala). Le cose complicate hanno questi problemi, per esempio il sistema oleodinamico Riva-Calzoni delle torrette dei carri M13 funzionava così bene, che spesso gli equipaggi preferivano disattivarlo e manovrare le torrette a mano con il sistema d'emergenza. Poi c'era anche un altro problema, quello che in questo modo si mettevano troppe uova nello stesso paniere: quando i piloti da caccia attaccavano i plurimotori, in genere avevano il seguente quesito amletico: colpire la gondola motore/ala interna (carburante), ma questo lasciava il modo al mitragliere di coda o dorsale di sparare a propria volta verso il caccia e magari abbatterlo come ultimo colpo di coda: oppure sparare alla fusoliera, mirando a neutralizzare i mitraglieri e magari anche i piloti: quest'azione non garantiva affatto il successo per quanto desiderato, e al tempo stesso garantiva che il caccia sarebbe dovuto tornare per colpire il bombardiere nei suoi punti vitali, i motori e i serbatoi, mentre non necessariamente la difesa del bombardiere - e tantomeno la sua scorta - sarebbero rimaste a guardare. Qui invece è tutto 'compreso': mirare alla gondola motori interna distruggendo sia la torretta difensiva che colpendo motore e serbatoi. Anche se la torre facesse da scudo al motore, il serbatoio interno di munizioni potrebbe benissimo esplodere e mandare tutto in fiamme. Anche questo è un problema da non sottovalutare, e forse non stupirà la diffidenza verso le torrette alari degli altri costruttori rispetto all'entusiasmo della Piaggio.

Il P-108 avrebbe avuto in tutto 1.000 cp per le 2 7,7 mm, 1.650 per le 5 da 12,7 mm (più i colpi per l'arma frontale). Nell'insieme un quantitativo di munizioni troppo ridotto per combattimenti prolungati: il B-17G per le sue 13 M2 arrivò ad imbarcare tra i 6.000 e gli 11.000 colpi. Infine, il campo di tiro, se permette di difendersi bene alle spalle (max- 5 armi da 12,7 mm), è molto meno valido per attacchi di lato (dipende se le torri alari erano capaci di sparare in maniera perpendicolare rispetto alla fusoliera) e pochissimo contro attacchi frontali: un'arma da 12,7 ventrale e una nel muso, molto meno di quanto poteva fare il B-17 con 2 armi più potenti dorsali, due ventrali, da 1 a 4 nel muso (e non era ancora del tutto sufficiente). Scarsa difesa frontale e scarsa tangenza erano più che sufficienti per rendere difficile la vita al P.108, e se avesse perso (per avaria, danno o esaurimento munizioni) le torrette alari si sarebbe ritrovato con lo stesso armamento dell'S.79 ma con una sagoma ben più corposa, e numerosi punti ciechi (per esempio attacchi in picchiata). Per questo è verosimile che anche il P.108 (=il suo clone americano puramente ipotetico) avrebbe patito perdite maggiori su Schweinfurt. Quanto alla quantità praticamente prodotta, a parte una dozzina di trasporti T e C, non c'è molto da discettare visto che in tutto ne vennero costruiti appena 24, per cui utilizzando come ipotesi la produzione reale non ci sarebbe stato alcun modo di raggiungere Schweinfurt.

Bibliografia modifica

  • Pedriali, Ferdinando: Operazione Flax, Storia militare febbraio 2004
  • Pedriali, Ferdinando: Le fortezze volanti italiane, RID Novembre 1991
  • Sgarlato, Nico: Il P-108, la fortezza della Regia, monografia aprile 2007
  • Enciclopedia Take Off pagg. 970-974
  • Sgarlato, Nico: B-17 monografia giugno 2005
  • Lembo, Daniele: S.82 Marsupiale, Aerei nella Storia Marzo e aprile 2000
  • Sgarlato, Nico: FW-190, il mastino della LW, monografia feb.mar. 2003